Tribunale di Udine – Esenzione per i pagamenti nei termini d’uso, prova della conoscenza dello stato di insolvenza, messa in liquidazione della società.

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Data di riferimento: 
05/01/2014

Tribunale di Udine, Sezione II Civile n. 2700 del  05 gennaio 2014 – Giudice Unico Gianfranco Pellizzoni.

Art. 67, comma secondo, L.F. – Presunzione di danno – Utilizzo del ricavato – Irrilevanza - Prova della conoscenza dello stato di insolvenza – Sufficienza della presenza di indizi gravi, precisi e concordanti.

Art. 67, terzo comma, lettera a) L.F. - Esenzione da revocatoria – Interpretazione letterale – Tempi e modalità dei pagamenti –  Scostamenti - Criterio valutativo

Art. 67, terzo comma, lettera a) L.F. - Impresa in liquidazione – Esercizio di una attività residua – Possibilità di esenzione da revocatoria.

Società in amministrazione straordinaria - Possibilità di revocatoria ex art. 49 D. Lgs. 8 luglio 1999 n.270 e 67, 2° co. l.f. – Esclusione da parte del liquidatore  – Irrilevanza  per il commissario straordinario.

Ai sensi dell'art. 67, comma secondo L.F., non vi è la necessità per il curatore di provare la sussistenza di un danno per la massa dei creditori in quanto l'eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum, ricollegabile all'uscita del bene dalla massa conseguente all'atto di disposizione. La circostanza, in particolare, che il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato dall'imprenditore, poi fallito, per pagare un suo creditore privilegiato non esclude la possibile lesione della par condicio, né fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore, poiché è solo a seguito della ripartizione dell'attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria potrebbero in tesi insinuarsi. Pertanto grava sul curatore il solo onere di provare, anche mediante il ricorso ad indizi aventi i requisiti della gravità precisione e concordanza, la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'acquirente. (Pierluigi Ferrini - Riproduzione riservata)

In tema di esenzione da revocatoria fallimentare, l’art. 67, terzo comma, lettera a) L.F. contempla quei “pagamenti” per beni e servizi “effettuati” nell’esercizio dell’attività di impresa  che siano avvenuti “nei termini d’uso”. L’espressione utilizzata dal legislatore va interpretata nel senso, secondo il suo dato testuale e in conformità all’analisi logica della proposizione, che occorre fare riferimento in primo luogo ai soli pagamenti (e non alla fornitura dei beni e servizi nell’esercizio dell’attività di impresa) e, in secondo luogo, ai tempi ed alle modalità abitualmente praticati per l'effettuazione degli stessi dagli operatori dello specifico settore commerciale o, in caso di scostamento da tale prassi, dall’imprenditore fallito nell’esercizio normale e regolare dell’attività di impresa nei confronti,  in generale, dei suoi fornitori  o, in particolare, di quel singolo creditore. Ciò al fine di valutare se i pagamenti impugnati si discostino o meno da tali modalità esecutive e temporali; il mutamento dei termini di pagamento (da abitualmente  effettuati in ritardo, ad anticipati rispetto all’usuale) esclude  ad esempio l’invocata esenzione; esenzione la cui prova grava sul convenuto in revocatoria che ne eccepisca l’esistenza. (Pierluigi  Ferrini - Riproduzione riservata)

A nulla rileva, nella considerazione dell’esenzione ex art. 67, 3° co. lett. a), la circostanza che l’impresa sia stata  o meno posta in liquidazione, dovendosi valutare caso per caso - alla luce delle modifiche introdotte dalla riforma del diritto societario e, in particolare,  del  disposto dell’art. 2487, primo comma lettera c) c.c. - se l’impresa fosse o meno ancora  in esercizio all’epoca  cui risalgono i pagamenti delle forniture di beni e servizi passibili di revocatoria. (Pierluigi  Ferrini - Riproduzione riservata)

La circostanza che, nel caso specifico, il liquidatore della società abbia all’epoca precisato che i pagamenti non sarebbero stati soggetti all’azione revocatoria fallimentare in quanto effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso, non ha alcun valore cogente nei confronti del commissario straordinario che, in sede di azione revocatoria esperibile ex art. 49 D. Lgs. 8 luglio 1999 n.270 e 67, 2° co. l.f.,  non rappresenta la società ma la massa dei creditori ed è quindi un soggetto terzo rispetto agli eventuali accordi intervenuti prima della dichiarazione di insolvenza che non gli sono in alcun modo opponibili. (Pierluigi Ferrini - Riproduzione riservata)

 

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]