Corte di Cassazione – Fallimento e presupposto del reato di bancarotta per distrazione: disponibilità del bene nel patrimonio del fallito, a prescindere dalla sua provenienza lecita o illecita.

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Data di riferimento: 
20/10/2016

 

Corte di Cassazione , Sez. V pen., 20 ottobre 2016 n. 44350 - Pres. Nappi, Rel. Micheli.

 

Fallimento - Bancarotta fraudolenta – Fattispecie  incriminatrice - Distrazione – Beni non rinvenuti – Appartenenza dei beni al fallito – Requisito non decisivo – Possesso precario - Effettivo ingresso del bene nel patrimonio – Circostanza decisiva -  Distacco ingiustificato - Spendita o sottrazione del denaro ottenuto -  Integrazione del reato.

 

Fallimento - Contratto di leasing -  Utilizzatore - Disponibilità di fatto del bene - Dissipazione o sottrazione – Impossibilità della restituzione -  Avente diritto – Insinuazione al passivo per il suo valore - Pregiudizio per la massa fallimentare - Ipotesi di bancarotta fraudolenta.

 

Fallimento - Bancarotta fraudolenta -  Beni di provenienza illecita - Distrazione – Imprenditore fallito – Possibile duplice responsabilità penale.

 

In materia di bancarotta fraudolenta, nella nozione di beni appartenenti al fallito, di cui ai sensi dell’art. 216, primo comma n. 1), L.F. si prospetta l’avvenuta distrazione, rientrano apparentemente le sole cose, anche immateriali allo stesso appartenenti, non quelle da lui ricevute a titolo precario, diverso dalla traslatio dominii (locazione, comodato, deposito), che non sono mai uscite dal patrimonio del dominus,  che, pertanto, ha diritto alla loro restituzione. Al di là della sussistenza o meno di un valido rapporto negoziale quale presupposto della disponibilità del bene da parte del fallito risulta però decisiva la circostanza che si possa effettivamente ravvisare nel caso specifico un effettivo ingresso del bene nel patrimonio dell’imprenditore fallito, stante che la configurazione del reato di bancarotta per distrazione postula che i beni non rinvenuti in sede di inventario siano entrati realmente nella sfera patrimoniale della società fallita, onde si possa ipotizzare quel distacco ingiustificato che integra sul piano oggettivo la fattispecie incriminatrice. Occorre, in particolare, distinguere le ipotesi in cui il bene sia reperibile nella sua originaria materialità da quelle dove un atto di disposizione di quel bene da parte del fallito abbia comportato l’ingresso di denaro nel patrimonio del fallito, la cui spendita o sottrazione alla massa fallimentare può costituire distrazione penalmente rilevante. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

La sottrazione o la dissipazione da parte dell’utilizzatore fallito di un bene oggetto di un contratto di leasing di cui lo stesso aveva la disponibilità di fatto, configura ipotesi di bancarotta fraudolenta ex art. 216 L.F. in quanto la distrazione di quel bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore dello stesso che avrebbe potuto conseguire mediante riscatto al termine del rapporto negoziale e che, al tempo stesso, può risultare gravata di un ulteriore onere economico scaturente dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione.  Ciò coerentemente col disposto del previgente art. 79 L.F.,  quale risultante prima della sua sostituzione ad opera dell’art. 4 n.11 del D. Lgs. n. 169/2007 (il cui contenuto è stato in buona parte trasfuso nell’art. 103 L.F.),  che prevedeva, con riferimento alle cose possedute dal fallito a titolo precario che se le cose delle quali il fallito doveva la restituzione non si trovavano più in suo possesso dal giorno della dichiarazione di fallimento ed il curatore non era in grado di riprenderle, l’avente diritto poteva far valere nel passivo il suo credito per il valore che la cosa aveva al momento della dichiarazione di fallimento. (Pierlugi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

Il reato di bancarotta fraudolenta non è escluso dal fatto che i beni oggetti della condotta siano di provenienza illecita (furto, truffa, appropriazione indebita), giacché deve aversi riguardo alla consistenza effettiva del patrimonio, comunque formatosi. Ne deriva che anche un bene proveniente da delitto può costituire un cespite sul quale soddisfare le ragioni dei creditori e che, pertanto, laddove venga distratto, l’imprenditore fallito sarà considerato responsabile di due distinte ed autonome azioni e potrà essere ritenuto responsabile della commissione di due diversi reati concorrenti. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/161021184845.PDF

 

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