Tribunale di Catania – Fallimento: azione di responsabilità promossa dal curatore nei confronti degli amministratori ex art. 146 L.F.. Quantificazione dei danni cagionati alla società.

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Data di riferimento: 
22/01/2015

 

Tribunale di Catania 22 gennaio 2015 - Est. Marino.

 

Fallimento – Mancata tenuta o consegna delle scritture contabili – Curatore - Azione di responsabilità nei confronti degli amministratori – Inversione dell’onere della prova.

 

Fallimento – Curatore - Azione di responsabilità nei confronti degli amministratori - Quantificazione del danno causato alla società – Criteri - Deficit fallimentare e differenziale dei patrimoni netti – Ipotesi di utilizzo – Prova.

 

Si deve ritenere che la mancata tenuta delle scritture contabili o la loro mancata consegna al curatore da parte degli amministratori di società fallita, incolpati di aver causato con operazioni di mala gestio,  consistenti in particolare nella  omessa adozione dei provvedimenti previsti dalla legge in caso di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, il dissesto della società stessa, determini un’inversione dell’onere probatorio e che, pertanto, spetti agli incolpati, in sede di azione di responsabilità promossa  nei loro confronti ex artt. 2393 c.c. e 146 L.F. , di fornire la prova che il dissesto è stato determinato da cause a loro non imputabili o, che è lo stesso, non imputabili ad un loro  comportamento negligente e ciò in quanto la tenuta delle scritture contabili della società ha proprio ed essenzialmente la funzione di consentire agli amministratori, ma anche, specie in caso di procedure concorsuali, ai terzi creditori e per essi agli organi delle procedure concorsuali, di ricostruire in modo preciso il patrimonio ed il movimento degli affari della società fallita. (Pierluigi Ferrini .- Riproduzione riservata)

 

In sede di azione di responsabilità ex art.146 L.F., dei due criteri elaborati dalla giurisprudenza per la quantificazione del danno causato alla società fallita dagli amministratori per mancato adempimento degli obblighi loro imposti dalla legge o dallo statuto (quellocd. del deficit fallimentare e quello del differenziale dei patrimoni netti o perdita incrementale), il primo criterio, che induce a determinare il dannoprodotto in una somma di denaro coincidente con la differenza tra l’attivo ed il passivo fallimentare, si deve ritenere possa, a causa del suo carattere approssimativo, verosimilmente, avere un utilizzo concreto in due sole fattispecie: la prima è quella della mancanza, falsità o totale inattendibilità della contabilità e dei bilanci dellasocietà fallita, situazione che determina l’impossibilità di ricostruire la movimentazione degli affari dell’impresa e quindi il necessario ricorso ad un criterio scevro da agganci a precisi parametri; la seconda è quella in cui il dissesto sia stato cagionato da un'attività distrattiva così reiterata e sistematica, da escludere la possibilità concreta di una quantificazione parametrata sul valore dei beni distratti e dissipati. Quanto al secondo diverso criterio del cd. differenziale dei netti patrimoniali, si  deve per contro convenire che possa trovare un più frequente utilizzo, specie nei casi in cui sia possibile ricostruire la movimentazione degli affari dell’impresa in modo da poter  concludere che, nel caso in cui la gestione caratteristica non fosse proseguita sino al momento del concorso dei creditori, ma fosse cessata prima oppure fosse proseguita solo a scopo conservativo, la perdita di patrimonio sociale sarebbe stata inferiore; in tale ipotesi grava sul curatore che alleghi  la condotta antigiuridica degli amministratori, risalente ad un momento antecedente alla dichiarazione di fallimento, l’onere di indicare quali operazioni poste in essere in una prospettiva di continuità aziendale non consentita abbiano leso l’integrità del patrimonio sociale. Pur tuttavia, essendo indubbio che, laddove il curatore accerti la risalenza nel tempo del momento in cui collocare la perdita del capitale rispetto al momento dell’apertura del concorso dei creditori, specie se l’attività d’impresa sia stata varia e complessa, tale onere di alligazione risulta di impossibile assolvimento, sicché si deve considerare ammissibile fare ricorso ad un criterio presuntivo fondato sull’imputazione causale alla condotta antigiuridica della perdita patrimoniale. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/13345.pdf

 

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: