Cassazione civile - Concordato preventivo, revoca dell'ammissione, atto in frode e fallimento.

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Data di riferimento: 
23/06/2011

Cassazione Civile, sez. I, 23 giugno 2011 n. 13817 - Presidente dott. Plenteda, rel. dott. Zanichelli.

In tema di concordato preventivo con cessione dei beni, dopo la riforma fallimentare di cui al decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 e successive modificazioni, l'indicazione della percentuale di pagamento ai creditori e dell'epoca di presumibile liquidazione corrisponde essenzialmente ad una funzione informativa, idonea ad integrare la determinatezza e l'intelligibilità della proposta stessa, ma non entra - almeno di regola e salvo diversa esplicitazione - in modo diretto a far parte altresì degli obblighi assunti del debitore stesso, come sarebbe nel concordato misto, in cui ai creditori viene garantita una data percentuale di soddisfacimento; ne consegue che unico obbligo assunto dal debitore è quello di porre a disposizione dei creditori i beni liberi da vincoli ignoti che ne impediscano la liquidazione ovvero ne alterino in modo sensibile il valore, spettando ai creditori, che ne condividano la valutazione, accettare il rischio di un diverso esito della liquidazione stessa, comparandone la complessiva convenienza sulla base delle alternative praticabili.

In tema di concordato preventivo, nel regime conseguente all'entrata in vigore del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, il tribunale è privo del potere di valutare d'ufficio il merito della proposta sia in sede di ammissione alla procedura, che nel procedimento per l'eventuale revoca, sebbene in tale sede potrebbe usufruire dell'apporto conoscitivo del commissario giudiziale, destinato non al giudice bensì ai creditori; invero, solo in caso di dissidio tra i medesimi in ordine alla fattibilità, denunciabile attraverso l'opposizione all'omologazione, il tribunale può intervenire risolvendo il contrasto con una valutazione di merito.

In tema di revoca dell'ammissione al concordato preventivo, secondo il procedimento disciplinato dall'art. 173 legge fall., dopo la riforma di cui al d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, la nozione di atto in frode, che opera - ai sensi del primo comma della disposizione fallimentare cit. - quale presupposto per detta revoca, esige - alla luce del criterio ermeneutico letterale, ex art. 12 disp. prel. cod. civ. - che la condotta del debitore sia stata volta ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, cioè tali che, se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una valutazione diversa e negativa della proposta e, dunque, che esse siano state "accertate" dal commissario giudiziale, cioè da lui "scoperte", essendo prima ignorate dagli organi della procedura o dai creditori; pertanto, nel concetto di "frode" non rientra qualunque comportamento volontario idoneo a pregiudicare le aspettative di soddisfacimento del ceto creditorio e, quindi, risulta estraneo a tale qualificazione il comportamento del debitore che, già nel ricorso, abbia indicato gli atti di disposizione del patrimonio, stipulati anteriormente, implicanti la concessione di diritti di godimento a terzi e che, successivamente esaminati dal commissario giudiziale, siano ritenuti suscettibili di depauperare il detto patrimonio, così da scoraggiare l'acquisto degli immobili oggetto della cessione ai creditori, pregiudicando la fattibilità della proposta concordataria.

In tema di dichiarazione di fallimento nel corso della procedura di concordato preventivo, quando sia promosso il procedimento per la revoca della relativa ammissione, ai sensi dell'art. 173 legge fall. (nel testo conseguente alle modifiche di cui al d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169), la formale conoscenza, da parte del debitore, dell'esistenza di una iniziativa per la dichiarazione di fallimento è sufficiente ad integrare la "indicazione che il procedimento è volto all'accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento", richiesta dall'art. 15, comma quarto, legge fall., quale monito in ordine al possibile esito della procedura e invito ad eventualmente esercitare il diritto di difesa, senza necessità di convocare il debitore per interloquire specificamente in ordine alle istanze di fallimento; infatti, dal tenore dell'art. 173, secondo comma, legge fall. emerge che, a conclusione del procedimento di revoca dell'ammissione al concordato preventivo, sussistendone i presupposti processuali e sostanziali, viene emessa la sentenza di fallimento senza ulteriori adempimenti procedurali. (Né sussiste alcuna necessità di tenere procedimenti distinti, in quanto uno dei presupposti dell'eventuale dichiarazione di fallimento è proprio la revoca dell'ammissione al concordato; sussiste complementarietà delle questioni trattate e, quindi, piena possibilità di difendersi contestualmente su tutte; infine, la stessa allegazione di motivi di censura del decreto di revoca dell'ammissione ben può trovare ingresso nell'ulteriormente unitario procedimento di reclamo avverso la sentenza di fallimento, proponibile ex art. 18 legge fall. benché nell'art. 173 legge fall. non sia riprodotto il disposto dell'art. 162, comma 3, legge fall., che prevede tale modalità di impugnazione.

Uffici Giudiziari: 
Concetti di diritto fallimentare: 
[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]