Corte di Cassazione – Imputazione dell’accomandante ingeritosi nella gestione della società. Valore probatorio delle testimonianze evidenziate dal curatore nella relazione ex art. 33 l.f..

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Data di riferimento: 
18/06/2012

Cassazione penale, Sez. V, 18 giugno 2012 n. 24114 – Pres. G. Ferrua - Rel. G.G. Sandrelli.

Bancarotta fraudolenta – Amministratore di fatto – Art. 2639 c.c. – Distrazione – Società in accomandita – Responsabilità

Bancarotta fraudolenta – Curatore – Relazione ex art. 33 L.F. – Testimonianza – Prova – Valore probatorio

L’accomandante ingeritosi nella conduzione della società può essere chiamato a rispondere del delitto di bancarotta fraudolenta quando il reato sia realizzato mediante taluna delle manifestazioni proprie del potere gestorio, avendo, tale socio, assunto un ruolo pari a quello dell’accomandatario ed essendosi, conseguentemente, esposto alla medesima responsabilità verso i terzi. (Laura Trovò – Riproduzione riservata)

È utilizzabile, quale prova a carico dell’imputato, la testimonianza indiretta del curatore fallimentare sulle dichiarazioni accusatorie a lui rese da coimputati o trasfuse dallo stesso curatore nella relazione redatta ai sensi dell’art. 33 L.F. La relazione del curatore fallimentare non costituisce di per sé notizia di reato, ma documento utilizzabile in giudizio, ai sensi dell’art. 234 c.p.p., quale atto che non ha origine nel processo penale e non è ad esso finalizzato, attesa l’assenza di ogni incombenza poliziesca in capo al curatore che preclude la possibilità di leggere nelle sue dichiarazioni o nella relazione ex art. 33 L.F. la sostanza di un rapporto su notizie di reato.(Laura Trovò – Riproduzione riservata)

 

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: