Tribunale di Tolmezzo - Concordato preventivo con previsione di vendita privatistica e nomina del liquidatore - esclusione.

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Data di riferimento: 
29/10/2008

 Tribunale di Tolmezzo - 29 ottobre 2008

dott. Antonio Cumin Presidente
dott. Giuliano Berardi Giudice
dott. Lorenzo Massarelli Giudice relatore

Nel caso in cui il piano omologato sia basato non su di una formale cessione di tutti i beni ai creditori (fattispecie in cui spetta ai liquidatori giudiziali collocare gli stessi sul mercato), ma sull'esecuzione di una vendita privatistica già delineata in tutte le sue pattuizioni anche di dettaglio, l'attuazione non va rimessa a liquidatori giudiziali, ma agli attuali amministratori, i quali procederanno alla ripresa dell'azienda, alla stipula del contratto di vendita di beni e crediti (ferme le condizioni fin qui dal terzo proposte), all'incasso del prezzo (e di ogni altro eventuale credito), al pagamento tramite tale provvista prima dei debiti prededucibili (compresi interessi) in via integrale, poi dei privilegiati (sempre compresi interessi ed in via integrale) ed infine ai chirografari (per quanto residua e con interessi calcolati al 26.2.2008).

A seguito della riforma del sistema concordatario (del tutto aperto a formule privatistiche ed elastiche di eliminazione dell'insolvenza), non può più affermarsi (come invece in passato) che l'opposizione sia concessa sic et simpliciter anche ai privilegiati (cfr. App. VE 21.1.1978, in Dir. Fall. 1978, II, p. 219; Trib. MI 2.11.1978, in Il Fall., 1979, p. 804) o addirittura ai creditori consenzienti (dottrina non citabile) per il solo fatto che l'istituto riveste natura e funzioni pubblicistiche, ed a loro esclusiva tutela. Al contrario, il sistema odierno impone che l'opponente, quale impugnante, dimostri in quale misura, giuridicamente apprezzabile, egli può ottenere un vantaggio dalla reiezione della proposta concordataria; in altri termini, egli è un "interessato" solo se dimostra che il piano è in realtà lesivo dei suoi diritti, senza spazio per farsi portatore di astratti interessi superiori o pubblici (questi ultimi lasciati all'iniziativa eventuale del P.M., qui assente).

Il giudizio di omologazione di un concordato preventivo, dopo le novelle alla legge fallimentare, integra un'ipotesi di giurisdizione non necessitata, nella forma del controllo preventivo di legittimità, necessario ad attribuire definitiva efficacia alla volontà dei privati. In sostanza il tribunale è chiamato a valutare se sia presente un abuso della maggioranza dei creditori sulla minoranza, se i creditori sono trattati in modo da rispettare nella sostanza la par condicio, se l'accordo sia valido alla stregua delle note categorie civilistiche dell'annullabilità e della nullità. In più, se lo stesso sia anche allo stato fattibile. Quest'ultimo profilo consiste in un requisito del piano proposto (che deve persistere in tutte le fasi del procedimento: artt. 161 e 173, ultimo comma, L.Fall.) a sua volta collegato al requisito di validità dell'oggetto del contratto coi creditori, sotto il profilo della sua reale possibilità (art. 1346 c.c.).

La valutazione di fattibilità di un concordato va condotta in relazione alla situazione attuale, tenendo conto degli eventi già verificatisi o di cui si possa ritenere ragionevolmente certa ed imminente la verificazione; eventuali circostanze future, incidenti sull'effettiva possibilità di attuare il programma votato dai creditori, non possono condurre al rifiuto dell'omologazione, ma rilevano solo come cause di possibile risoluzione del concordato in sede esecutiva.

Il Piano di cui all'art. 161 l.f. può essere omologato anche in caso di opposizione, qualora vengano adombrati profili di solo possibile futuro inadempimento, rinvenedosi nell'istituto della risoluzione (in sede di esecuzione del piano) ed, indirettamente, nella normativa penale (artt. 236,224 e 217 l.f.) la vera tutela per l'opponente e per i creditori.

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]