Tribunale di Treviso – Locazione finanziaria e fallimento dell’utilizzatore: diritto della concedente alla restituzione del bene, ma non al pagamento dei canoni nel frattempo maturati.

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Data di riferimento: 
21/09/2016

 

Tribunale di Treviso 21 settembre 2016 - Pres. Rel. Fabbro.

 

Contratto di leasing – Fallimento dell’utilizzatore -  Clausola risolutiva espressa – Automatismo – Esclusione - Curatore – Richiesta di scioglimento – Cessazione del rapporto – Causa reale..

 

Locazione finanziaria – Fallimento dell’utilizzatore – Contratto sospeso - Curatore – Istanza di scioglimento – Concedente – Diritto alla restituzione del bene – Canoni maturati post fallimento – Insinuazione al passivo – Inaccoglibilità.

 

Laddove un contratto di leasing contenga una clausola che preveda la possibilità per il concedente di ritenere risolto il contratto,  in particolare, in  caso di assoggettamento della controparte a procedura concorsuale,  ma, intervenuto il fallimento dell’utilizzatore, sia viceversa il curatore, ex art. 72, primo comma L.F. (come richiamato dall’art. 72 quater L.F.)  a manifestare alla società concedente  la volontà di sciogliersi, è per tale motivo che tale contratto deve considerarsi cessato, in quanto la clausola risolutiva non ha effetti automatici e la risoluzione ex art. 1456, secondo comma, c.c. si verifica solo quando la parte interessata dichiara all’altra di volersene avvalere. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

Ai sensi dell’art. 72 quater, secondo comma, L.F., che disciplina la locazione finanziaria in caso  di fallimento dell’utilizzatore, la concedente, qualora il curatore opti per lo scioglimento dal contratto,    ha diritto alla restituzione del bene concesso in leasing, ma non ha diritto al pagamento dei canoni maturati tra la dichiarazione di fallimento e la restituzione, perché in quel periodo il rapporto risultava sospeso ai sensi dell’art. 72 L.F. e la sospensione non può comportare alcun obbligo di pagamento; di conseguenza  non può, pertanto, chiedere l’ammissione al passivo di quel presunto credito, in quanto inesigibile, ma può, eventualmente, richiedere solamente la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e la minor somma ricavata dall’allocazione del bene. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/161004144720_0.PDF

 

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Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: