Corte di Cassazione – Reato di bancarotta per distrazione e documentale: dichiarazione di fallimento quale presupposto definitivo e vincolante.

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Data di riferimento: 
10/10/2016

 

Corte di Cassazione, Sez. V pen., 10 ottobre 2016 n. 42753 - Pres. Fumo, Rel. De Berardinis.

 

Bancarotta – Sentenza irrevocabile dichiarativa di fallimento – Dato definitivo e vincolante  Giudice penale - Presupposti oggettivi e soggettivi – Insindacabilità.

 

Fallimento - Bancarotta fraudolenta per distrazione - Mancato reperimento dei beni dell’impresa  - Assenza di valide giustificazioni - Urgenti necessità familiari – Irrilevanza - Sussistenza del reato.

 

Fallimento – Bancarotta documentale  - Confusa tenuta della contabilità - Patrimonio e movimento degli affari  - Ricostruzione impossibile – Consapevolezza dell’agente - Condotta rilevante -  Necessità del solo dolo generico – Dolo specifico - Esclusione.

 

Alla luce del principio sancito dalle Sezioni Unite, con sentenza n. 19601 del 15.5.2008 - Niccoli, si deve ritenere che il giudice penale investito del giudizio relativo ai reati di bancarotta  ex artt. 216 e ss. L.F., non possa sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell'impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell'imprenditore, in particolare per quanto concerne  l’eventuale attribuzione all’imputato, se del caso tenendo conto delle modifiche apportate all’art. 1, comma secondo, L.F. dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169,  della qualifica di piccolo imprenditore con conseguente esclusione della sua fallibilità, e ciò in quanto le disposizioni civilistiche che disciplinano le condizioni di fallibilità non si possono considerare norme integratici del precetto penale.  Pertantoin tema di bancarotta, la dichiarazione di fallimento, una volta che abbia acquistato il carattere della irrevocabilità, costituisce un dato definitivo e vincolante sul quale non possono più sorgere questioni non collegate alla produzione formale della prova della sua giuridica esistenza (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)  

 

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione il fallito che utilizzi fondi  dell'impresa, artificiosamente fatti figurare in contabilità come utili in realtà inesistenti, al fine di onorare debiti personali o che utilizzi i beni dell’impresa stessa per il mantenimento suo e del suo nucleo familiare (la Corte ha pertanto nello specifico ritenuta infondata  la tesi del ricorrente che aveva contestato la decisione dei giudici di merito per non avere gli stessi adeguatamente valutato che il mancato reperimento dei beni dell’impresa, da cui, in assenza di valide giustificazioni, la sussistenza del reato di distrazione era stata desunta,  era conseguenza della necessità per l’imputato di far fronte agli impellenti bisogni suoi e della sua famiglia) (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

Per quanto concerne il reato di bancarotta documentale per la sua integrazione è richiesto che ricorra nell’imputato il  solo dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta dei libri e delle scritture contabili rendeva o poteva rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, in quanto la locuzione di cui all’art. 216, primo comma n. 2, L.F.  “in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”  connota la condotta e non la volontà dell'agente, sicché è da escludere che essa configuri il dolo specifico. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/Cass_42753_2016_0.pdf 

 

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