Trib. Roma- Annullamento ordini per vizio del consenso- Conflitto di interessi- Onere della prova.

Versione stampabileVersione stampabile
Data di riferimento: 
17/11/2005

Tribunale di Roma - Pres. Misiti Rel. Lamorgese - 17 novembre 2005.

Intermediazione finanziaria - Annullamento di ordini per vizio del consenso - Presupposti - Onere della prova - Contenuti.

L'annullamento di ordini di negoziazione per vizio del consenso e, in particolare, per errore essenziale e riconoscibile dalla banca (che avrebbe dovuto informare l'investitore dei rischi dell'investimento) sull'oggetto ovvero sulla qualità essenziale dei titoli, presuppone la dimostrazione che, qualora avesse ricevuto adeguate informazioni al momento della contrattazione l'investitore non avrebbe certamente compiuto l'operazione. Ai fini dell'errore richiesto per l'annullamento del contratto è irrilevante il successivo andamento e peggioramento dei titoli. (Nel caso di specie, la domanda dell'investitore è stata respinta perchè i prodotti negoziati, al momento dell'acquisto, non potevano considerarsi totalmente inaffidabili e perché l'investitore era soggetto esperto con considerevole propensione al rischio). (fb) 

Intermediazione finanziaria - Vendita diretta del titolo - Conflitto di interessi - Onere della prova - Contenuti.

La circostanza che la banca già detenesse il titolo nel proprio portafoglio - in mancanza di qualsiasi allegazione in ordine ad un danno subito dal cliente (sotto il profilo, ad esempio, dell'equità del prezzo corrisposto) - non è di per sé decisiva per ravvisare un conflitto di interessi. Perché tale ipotesi ricorra, è necessario che l'intermediario abbia un interesse «a trasferire al cliente quell'elevatissimo rischio che altrimenti correrebbe in proprio» detenendo appunto quei titoli che il cliente acquisisce e tale circostanza deve essere adeguatamente provata. (fb) 

Intermediazione finanziaria - Onere della prova a carico dell'intermediario - Onere di allegazione carico dell'investitore - Sussistenza.

La regola contenuta nell'art. 23, co. 6, del t.u.i.f, secondo al quale «Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta» opera esclusivamente sul piano probatorio, nel senso che introduce (o, ad avviso di una dottrina, rafforza) la regola (già presente in ambito contrattuale, ai sensi degli artt. 1218 e 1176 c.c.) secondo cui l'onere della prova dell'esatto e corretto adempimento (ovvero della causa non imputabile dell'inadempimento) è a carico del debitore (l'intermediario) a vantaggio del creditore (cliente). La norma in esame, tuttavia, non introduce alcuna inversione o facilitazione dell'onere - che, secondo i principi generali, è a carico di chi agisce in giudizio - di precisa allegazione dei fatti costitutivi della domanda, soltanto all'esito della quale può scattare l'onere probatorio (contrario) posto a carico del debitore o, in alternativa, operare il meccanismo della non contestazione. (fb)

( provvedimento e massime tratti dalla rivista on-line www.ilcaso.it

Uffici Giudiziari: 
AllegatoDimensione
PDF icon Trib. Roma 17 novembre 2005.pdf68.2 KB
[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]