Corte di Cassazione (12066/2017) – Domanda di concordato preventivo costituente ipotesi di abuso. Divieto per il giudice delegato di trattazione dei giudizi da lui stesso autorizzati.

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Data di riferimento: 
16/05/2017

Corte di Cassazione, Sez. I civ., 16 maggio 2017 n. 12066 - Pres. Roberto Aniello, Rel. Mauro Di Marzio.

Domanda di concordato preventivo - Differimento del fallimento – Scopo palese – Ipotesi di abuso del processo – Inammissibilità della proposta.

Società in concordato preventivo - Giudice delegato – Istanza di fallimento – Autorizzazione alla presentazione – Partecipazione al successivo giudizio – Incompatibilità – Obbligo di astensione  - Nullità della pronuncia – Ricusazione da parte dell’interessato – Presupposto necessario.

E’ inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, consistente nel piegare le regole processuali ad una finalità perversa, la domanda di concordato preventivo che sia presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

Alla luce dell’ampia latitudine del precetto normativo, l’art. 25, secondo comma, L.F., che dispone che “il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia autorizzato, né può far parte del collegio investito del reclamo contro i suoi atti”, pur riferendosi in particolare all’autorizzazione  del “curatore a stare in giudizio come attore o convenuto” di cui al n. 6 primo comma della stessa disposizione, deve ritenersi applicabile anche al caso in cui la presentazione di un ricorso per la dichiarazione di fallimento venga autorizzata dal giudice delegato per essere il creditore istante sottoposto a procedura di concordato e lo stesso giudice  partecipi poi alla deliberazione adottata sul ricorso così presentato. Una tale autorizzazione, in quanto manifestazione di un’opinione, sia pur delibatoria e prognostica, in ordine alla fondatezza dell’azione, risulta riconducibile alla previsione dell’art. 51, primo comma n. 4, c.p.c. e può determinare una situazione di incompatibilità che, tuttavia, non priva il giudice di una potestas iudicandi, ma dà soltanto luogo ad un obbligo di astensione suscettibile di essere fatto valere  mediante l’istanza di ricusazione di cui all’art. 52 c.p.c. [nello specifico la Corte ha ritenuto che, non essendovi stata ricusazione, non poteva trovare accoglimento il ricorso mediante il quale la società fallita aveva, tra l’altro, richiesto che fosse riconosciuta la nullità del decreto di revoca della sua precedente ammissione alla procedura concordataria, per essere stato tale provvedimento adottato da un collegio di cui faceva parte il giudice, persona fisica, che aveva autorizzato la presentazione dell’istanza di fallimento nei suoi confronti da parte di una società in concordato preventivo]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

 

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/17476.pdf

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: