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Corte d'Appello di Trieste - Concordato preventivo - Presupposti di ammissibilità. Data di riferimento: 28/07/2009 Corte d'Appello di Trieste - dott. Vincenzo Colarieti - presidente - dott. Oliviero Drigani - cons. relatore - dott. Francesca Mulloni. (Opposizione contro la sentenza dichiarativa di fallimento del Tribunale di Udine n. 23/09 dd. 6/13.03.2009 in questo sito).  

E' ammissibile l'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento basata unicamente sull'asserita erroneità del decreto tribunalizio che ha dichiarato inammissibile la proposta di concordato preventivo.

L'omessa indicazione nella proposta concordataria e la conseguente mancata valutazione dell'esperto dei beni dei soci illimitatamente responsabili osta all'ammissione della proposta stessa.

La mancata valutazione nell'ambito della relazione ex art. 161 comma terzo l.f. dei motivi per i quali i prelevamenti dei soci debbano essere considerati inesigibili nonché la mancata indicazione di una previsione restitutoria degli stessi, comportano l'inammissibilità della proposta di concordato.

Tribunale di Udine - Sussistenza dei requisiti di cui all'art. 1 l.f. - Onere della prova - Potere d'ufficio del tribunale. Data di riferimento: 29/07/2009 Istruttoria prefallimentare - Dimostrazione della sussistenza dei requisiti dell'art.1- Onere della prova - Potere d'ufficio del Tribunale.

L'art. 1, co.2, L.fall. nella parte in cui afferma che "non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma i quali *dimostrino* il possesso congiunto" dei requisiti ivi previsti non impone un onere della prova ( ai sensi dell'art. 2697 c.c.) in capo agli imprenditori stessi. E' infatti potere del tribunale indagare sempre d'ufficio sulla sussistenza dei requisiti da cui dipende l'assoggettamento dell'imprenditore alle procedure concorsuali.

Il termine "dimostrino" è da intendersi esclusivamente come indice legislativo atto a chiarire che l'onere probatorio non deve mai gravare sul creditore, ovvero come criterio per risolvere casi dubbi. Un'interpretazione letterale, che facesse gravare rigidamente l'onere della prova sull'imprenditore, contrasterebbe con la ratio della riforma, la quale ha ritenuto d'interesse generale evitare il dispendio di risorse e mezzi per procedure di minima consistenza economica e di nessun interesse per i creditori. Lasciare la scelta circa la propria fallibilità all'imprenditore stesso ( cui basterebbe non produrre prove) sarebbe viziata da irragionevolezza (considerando inoltre che l'istituto dell'esdebitazione potrebbe così doversi applicare anche a soggetti che non sono fallibili).