Tribunale di Catanzaro – Concordato preventivo: ammissibilità della proposizione, a procedura conclusa, da parte dei creditori di azioni di responsabilità nei confronti di amministratori e organi di controllo. Presupposti e finalità.

Versione stampabileVersione stampabile
Data di riferimento: 
28/03/2018

Tribunale di Catanzaro, Sez. Spec. in materia d'Impresa, 28 marzo 2018 – Pres. Maria Concetta Belcastro, Rel. Ermanna Grossi, Giud. Wanda Romanò.

Concordato preventivo concluso – Creditori sociali - Azione di responsabilità ex art. 146 L.F. -   Esperimento possibile – Non violazione dell' art. 184 L.F. - Amministratori,  sindaci e  revisori contabili – Inadempimento dei doveri professionali -   Integrità del patrimonio sociale – Causazione del deterioramento – Risarcimento del danno – Scopo.

Procedura fallimentare – Curatore – Azione di responsabilità – Ripristino del patrimonio della  fallita – Finalità - Proposizione ex artt. 2393 e 2394 c.c. - Possibile esperimento congiunto – Svolgimento separato – Inammissibilità – Autonomia delle due azioni – Presupposti difformi -  Onere della prova – Termini di prescrizione e relativa decorrenza - Diverso regime giuridico.

Azione proposta ai sensi dell'art. 2394 c.c. - Vantaggio rispetto a quella ex art. 2393 c.c. -  Possibile ristoro diretto del creditore sociale.

Azione individuale ex art. 2395 c.c.-  Ambito di esperibilità – Distinzione rispetto a quelle ex art. 2393 e 2394 c.c – Amministratori – Condotta illegittima – Patrimonio di soci e terzi – Incidenza diretta – Scopo - Possibile reintegrazione immediata.

Azione concessa ai soci e ai terzi dall'art. 2395 c.c. - Presupposti – Illegittima condotta degli amministratori – Evento dannoso -  Diretta incidenza sul patrimonio di quelli – Collegamento causale – Dolo o colpa.

L'efficacia  vincolante del concordato preventivo, come disposta dall'art. 184 L.F.,  che impedisce ai creditori concordatari, a procedura conclusa,  di pretendere il pagamento da parte del debitore di un loro maggior credito, non può essere invocata nell'ipotesi che la nuova richiesta da parte degli stessi (che alla luce del disposto di cui all'art. 184, secondo comma, L.F., al di fuori dell'ambito concorsuale, si possono continuare a considerare comunque creditori) si fondi su un differente titolo e sia finalizzata ad ottenere un risarcimento, non nei confronti della società già in concordato  ma nei confronti di soggetti estranei all'accordo concordatario [nello specifico, i creditori sociali, a concordato concluso, hanno agito in giudizio per ottenere un risarcimento, ai sensi dell'art. 2394 c.c., da parte degli amministratori, dei sindaci e dei revisori contabili di quella società, responsabili di avere, venendo meno ai lori doveri professionali, consentito il  deterioramento dell'integrità del patrimonio sociale ed il tribunale ha ravvisato che una tale iniziativa non comportasse una alterazione della par condicio creditorum]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

Quando nel corso di una procedura fallimentare, il curatore, al fine di conseguire il ripristino del patrimonio della società fallita, esperisca nei confronti degli amministratori e degli organi di controllo, l'azione di responsabilità prevista dall'art. 146 L.F.,  senza specificare il titolo in base al quale proceda, si deve presumere che intenda esercitare congiuntamente entrambe le azioni, sia  quella ex art. 2393, sia quella ex art. 2394 c.c., non potendo svolgerle separatamente al fine di conseguire due volte il medesimo risultato. Dette domande, seppur accomunate dalla comune legittimazione, continuano, se proposte ai sensi dell'art. 2393 o dell'art. 2394 c.c., ad avere presupposti diversi e si devono  considerare, a seconda del titolo su cui si basano, soggette ad  un diverso regime giuridico sia per quanto concerne l'onere della prova (l'azione esercitata per conto dei creditori  ha, a differenza di quella esercitata per conto della società che ha natura contrattuale, carattere aquiliano), sia per quanto concerne i rispettivi termini di prescrizione e la loro decorrenza. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

Stante la natura autonoma e non surrogatoria dell'azione proposta ai sensi dell'art. 2394 c.c.. rispetto a quella di cui all’art. 2393 c.c., si deve ritenere che il vantaggio che, all’esito della stessa, potrà eventualmente ottenere il creditore non consista semplicemente in un incremento del patrimonio della società, ma in un ristoro diretto per il patrimonio del medesimo creditore, come si desume dalla stessa rubrica dell’art. 2394 c.c. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata) L'avverbio "direttamente", come inserito nel contesto dell'art. 2395 c.c., serve a delimitare l'ambito di esperibilità dell'azione individuale dei soci e dei terzi rispetto a quelle previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c.; si rientra infatti nell'ambito di applicazione della prima di dette norme se il danno ha investito, "direttamente" appunto, il patrimonio di quei soggetti e l'azione è volta alla reintegrazione immediata del loro patrimonio personale; al contrario,  l'azione ex art. 2393 c.c. è finalizzata al risarcimento del danno al  patrimonio sociale, che incide soltanto indirettamente sul patrimonio dei soci per la perdita di valore delle loro azioni, e l'azione dei creditori sociali ex art. 2394 c.c. mira al pagamento dell'equivalente del  loro credito che risulti insoddisfatto in ragione del fatto che la società ha subito una perdita patrimoniale a causa dell'illegittima condotta dei suoi amministratori.  (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

L'azione concessa ai soci e ai terzi dall'art. 2395 c.c. presuppone che i danni a questi derivati siano conseguenza  diretta di atti dolosi o colposi degli amministratori, che integrino la violazione di obblighi sia specifici, inerenti alla carica, sia generali, stabiliti dall'ordinamento a tutela dei diritti dei terzi, e presuppone, quanto all'elemento soggettivo, o che gli amministratori siano stati consapevoli dell'obiettiva idoneità dell'atto posto in essere a cagionare un danno ai suoi naturali destinatari e abbiano, ugualmente voluto compierlo (dolo), oppure che lo abbiano coscientemente posto in essere per negligenza , imprudenza o imperizia (colpa). Pertanto, in definitiva, si devono considerare quali presupposti dell'azione delineata dall'art. 2395 c.c.: l'evento dannoso; la diretta incidenza di tale evento sul patrimonio del socio o del terzo; la riferibilità dell'evento stesso all'amministratore convenuto o meglio il  rigoroso collegamento causale (da riscontrarsi alla luce del principio del "più probabile che non") tra la condotta dell'amministratore e l'evento; il dolo o la colpa dell'amministratore, come più sopra delinati. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/20404

Uffici Giudiziari: 
Concetti di diritto fallimentare: 
[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: