Corte di Cassazione (24383/2018) - Valore probatorio da assegnare, in sede di stato passivo, ad una ricognizione di debito fatta dalla società poi fallita: decisione da assumersi in pubblica udienza innanzi alla Sezione della Suprema Corte competente.

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Data di riferimento: 
04/10/2018

Corte di Cassazione, Sez. VI civ. - Sottosez. 1, 04 ottobre 2018 n. 24383 – Pres. Pietro Campanile, Rel. Aldo Angelo Dolmetta.

Fallimento - Stato passivo- Insinuazione di un credito – Prova basata su scrittura privata – Contenuto – Ricognizione di debito da parte del fallito – Inversione dell'onere della prova -  Opponibilità alla curatela – Suprema Corte - Decisioni contrastanti – Definizione presso la c.d. "Sezione filtro" – Esclusione - Questione da risolversi nel corso di una pubblica udienza.

In costanza di evidenze decisorie difformi  assunte nel tempo dalla Suprema Corte per risovere una particolare problematica, la stessa Cassazione, per decidere di un ricorso proposto con riferimeno alla medesima questione,  non può addivenire alla sua definizione presso la c.d. "Sezione filtro", come introdotta per selezionare i ricorsi al fine di diminuire il sovraccarico di lavoro dei giudici di legittimità, ma  è tenuta a rimettere, ex art. art. 380 bis, terzo comma, c.p.c, il ricorso alla discussione in pubblica udienza presso la Sezione tabellarmente competente [nello specifico, la questione concerneva il valore probatorio da assegnare, in sede di stato passivo, ad una ricognizione di debito fatta dalla società poi fallita, mediante scrittura privata autenticata, a favore di un suo creditore e, nel mentre l'orientamento tradizionale aveva, in considerazione della posizione di terzietà del curatore, ritenuto inapplicabili nei suoi confronti le regole dettate  per le parti dirette del rapporto e, di conseguenza, più volte ritenuto l'inopponibilità allo stesso curatore della confessione resa dall'imprenditore poi fallito, la recente giurisprudenza, superando questo orientamento che prendeva appunto le mosse dalla concezione del curatore in termini di terzo, ha affermato che, in caso di fallimento dell'autore della ricognizione di debito, risultava opponibile al curatore l'effetto giuridico discendente ex art. 1988 c.c. dalla medesima e si doveva, pertanto, considerare, salvo prova contraria di cui era eventualmente onerato lo stesso curatore, l'esistenza del rapporto fondamentale. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/20753

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