Corte di Cassazione (27610/2019) – Azione di responsabilità ex art. 146 L.F.: onere per il curatore di provare il rapporto di causalità tra condotta dell'amministratore e pregiudizio patrimoniale e possibile quantificazione equitativa del danno.

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Data di riferimento: 
29/10/2019

Corte di Cassazione, Sez. III civ., 29 ottobre 2019, n. 27610 - Pres. Adelaide Amendola - Rel. Emilio Iannello.

Fallimento - Mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili - Violazioni ascrivibili all'amministratore - Azione di responsabilità ex art. 146 L.F. - Rapporto di causalità tra condotta e pregiudizio patrimoniale - Onere della prova gravante sul curatore attore - Condanna al risarcimento del danno.

Fallimento -  Mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili - Azione di responsabilità - Pregiudizio patrimoniale ascrivibile all'amministratore - Quantificazionedel danno - Ricorso ad un criterio equitativo - Presupposti di ammissibilità.

La totale mancanza di contabilità sociale (o la sua tenuta in modo sommario e non intelligibile) è, di per sé, giustificativa della condanna dell'amministratore al risarcimento del danno, in sede di azione di responsabilità promossa dalla società a norma dell'art. 2392 c.c., vertendosi in tema di violazione da parte dell'amministratore medesimo di specifici obblighi di legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale; al di fuori di tale ipotesi, che giustifica l'inversione dell'onere della prova, resta a carico del curatore, nel caso di società fallita, l'onere di provare, in sede di azione ex art. 146, secondo comma, L.F., il rapporto di causalità tra la condotta illecita degli amministratori e il pregiudizio per il patrimonio sociale. (Pierluigi Ferrini - Riproduzione riservata)

In sede di azione di responsabilità promossa dal curatore nei confronti dell'amministratore della società fallita, in ragione della mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili allo stesso ascrivibile, il criterio residuale ancorato alla differenza tra attivo e passivo patrimoniale  può costituire elemento presuntivo su cui ancorare la determinazione equitativa del danno dallo stesso risarcibile solo a condizione che il ricorso ad esso sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e che  sussista il nesso causale tra l'inadempimento dell'amministratore e il danno così quantificato [nello specifico, la Corte di Cassazione ha confermato che risultava ammissibile la quantificazione del danno da risarcirsi da parte dell'amministratore della società fallita come, in ragione dell'omessa tenuta della contabilità e dell'omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali, equitativamente operata dalla Corte territoriale, in quanto la stessa si era limitata a parametrare il danno risarcibile alla percentuale del 30% del maggior credito iscritto al passivo da Equitalia, percentuale che mediamente e notoriamente deriva a carico dell'imprenditore per omissione degli adempimenti tributari contributivi, ed in quanto risultava inconfutabile che almeno le sanzioni fiscali irrogate per l'omesso versamento dei tributi e dei contributi previdenziali costituivano un danno causalmente ricollegabile alla condotta dell'amministratore in modo immediato e diretto]. (Pierluigi Ferrini - Riproduzione riservata)

http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/Cass.%20n.%2027610.pdf

[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 04 aprile 2011, n. 7606 https://www.unijuris.it/node/4406 e con riferimento in particolare alla seconda massima : Cassazione civile, SS. UU., 06 maggio 2015, n. 9100 https://www.unijuris.it/node/2606  e Corte di Cassazione, Sez. I civ.,  03 gennaio 2017, n. 38 https://www.unijuris.it/node/3147]

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