Corte di Cassazione (11344/2020) – Problematiche inerenti la risoluzione del concordato preventivo.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 12 giugno 2020, n. 11344 – Pres. Antonio Didone, Rel. Guido Mercolino.
Concordato preventivo - Risoluzione -Forma del provvedimento necessaria – Sentenza - Esclusione - Differenza con la risoluzione del concordato fallimentare - Pronuncia mediante decreto – Ragioni sottostanti - Conseguenze in tema di sottoscrizione.
Concordato preventivo - Risoluzione - Pronuncia mediante decreto – Natura decisoria - Ragione su cui si basa – Esposizione - Requisito necessario – Non autonoma impugnabilità – Conseguente pregiudizio per il diritto di difesa – Esclusione - Eventuale successiva dichiarazione di fallimento – Reclamo -Possibilità che anche e solo la precedente decisione venga contestata.
Concordato con cessione dei beni – Risoluzione – Presupposti oggettivi richiesti – Presumibile insufficiente livello di soddisfazione dei debitori – Ulteriore causa – Impossibilità sopravvenuta della prestazione - Colpa del debitore - Condizione non necessaria.
Concordato preventivo - Risoluzione – Possibile iniziativa di un solo debitore – Litisconsorzio necessario nei confronti degli altri – Esclusione.
La risoluzione del concordato preventivo, a differenza della risoluzione o dell'annullamento del concordato fallimentare, non deve essere disposta con sentenza, ma con decreto, per effetto della clausola di compatibilità che accompagna il rinvio agli artt. 137 e 138, contenuto nell'art. 186, ultimo comma della l. fall., avuto riguardo alla differenza degli effetti dei due tipi di concordato, che, nel caso di concordato preventivo, non determinano, diversamente da quanto accade a seguito del concordato fallimentare, automatica dichiarazione di fallimento sia perché il concordato preventivo non presuppone necessariamente lo stato di insolvenza del debitore, sia perché l'attuale disciplina della dichiarazione di fallimento non conosce più l'iniziativa officiosa. Ne consegue che non è nullo il provvedimento di risoluzione di concordato preventivo sottoscritto soltanto dal presidente del collegio, senza la firma del relatore, restando esclusa la sua necessità, ex art. 135 c.p.c., quando, come nella specie, il provvedimento nonostante la forma collegiale e la natura decisoria, che lo rendono sostanzialmente assimilabile ad una sentenza, debba essere emesso con decreto per espressa disposizione di legge. (Massima ufficiale)
La natura decisoria della pronuncia di risoluzione comporta, pur in mancanza di un'espressa previsione di legge, il dovere di esporre compiutamente le relative ragioni, indipendentemente dalla circostanza che la decisione debba essere adottata con decreto, anziché con sentenza, mentre la non impugnabilità in via autonoma del provvedimento non comporta alcun pregiudizio per il diritto di difesa, dal momento che, nel caso in cui alla risoluzione del concordato faccia seguito la dichiarazione di fallimento, eventuali vizi della prima si riflettono sulla validità della seconda, e possono quindi essere fatti valere come motivi di reclamo nei confronti della stessa, in applicazione analogica del principio di cui all'art. 162 della legge fall. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
In tema di concordato preventivo con cessione dei beni, ai fini della risoluzione è sufficiente, a norma dell'art. 186 della legge fall., che l'accordo sia oggettivamente venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, in quanto, secondo il prudente apprezzamento del giudice del merito, le somme ricavabili dalla liquidazione dei beni ceduti si rivelino insufficienti, in base ad una ragionevole previsione, a soddisfare in misura non irrisoria i creditori chirografari e, integralmente, i creditori privilegiati; la risoluzione può essere inoltre determinata dall'obiettiva impossibilità sopravvenuta di attuare le condizioni minime previste dalla legge fallimentare, mentre non assume alcun rilievo l'eventuale colpa del debitore, il quale ha esaurito la sua prestazione con la consegna dei beni; quest'ultima, che costituisce un modo particolare di attuazione del concordato preventivo, inquadrabile nella disciplina dettata dall'art. 1977 cod. civ., non comporta (salvo patto contrario) il trasferimento dei beni ceduti con la conseguente liberazione immediata del debitore, ma il trasferimento in favore degli organi della procedura concordataria della legittimazione a disporre dei beni ceduti, onde procedere alla loro liquidazione, e produce la liberazione del debitore, a norma dell'art. 1984 cod. civ., soltanto quando i creditori conseguono sul ricavato della liquidazione le somme loro spettanti (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
La risoluzione del concordato ai sensi dell’art. 186 legge fall. può essere pronunciata anche ad iniziativa di un solo creditore senza richiedere l’adesione degli altri che non rivestono la qualità di litisconsorti necessari e non devono neppure essere avvisati, spettando la legittimazione passiva esclusivamente al debitore e all’eventuale garante, nonché all’assuntore, ove non sia prevista la liberazione del debitore stesso. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/24214.pdf
[con riferimento alla seconda massima, cfr. in questa rivista: Cassazione civile, Sez. I, sent. n. 22083, 26 settembre 2013 https://www.unijuris.it/node/2344]