Tribunale di Avellino – Cessazione fittizia di un'impresa individuale: al fine di dimostrare tale circostanza il creditore che ne richieda il fallimento deve provare l'assenza di una reale dicotomia con la società di fatto costituita in continuità.

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Data di riferimento: 
05/10/2021

Tribunale di Avellino, Sez. I – Ufficio procedure concorsuali, 05 ottobre 2021 – Pres. Maria Iandiorio, Rel. Paquale Russolillo, Giud. Marcello Polimeno.

Fallimento – Cessazione di un'impresa individuale – Cancellazione dal registro delle imprese - Prosecuzione dell’attività – Costituzione di una società di fatto “schermo” - Assenza di dictomia con quella - Immutato ed omogeneo profilo imprenditoriale – Fallibilità – Onere probatorio gravante sul creditore istante o sul Pubblico Ministero.

L’onere probatorio che l’art. 10, secondo comma, L.F. pone a carico del creditore o del pubblico ministero istante, che intenda dimostrare che l'asserita cessazione dell'attività da parte di un imprenditore individuale non si è realmente verificata in quanto lo stesso avrebbe costituito, pur non figurando formalmente fra i soci, una nuova organizzazione collettiva (società di fatto) operante nel medesimo settore, deve consistere, pur quando lo stesso abbia in essa conferito fattori della produzione e l’avviamento dell’impresa cessata, nella dimostrazione di uno o più atti concreti che siano eziologicamente collegati all’attività imprenditoriale svolta dal debitore al momento della sua formale cancellazione dal registro delle imprese, atti dunque cronologicamente successivi a tale momento e che siano espressione di un immutato ed omogeneo profilo imprenditoriale, del quale permangano dunque i tratti distintivi della professionalità, continuità ed organizzazione del lavoro e dei fattori della produzione; ne consegue che la mera perdurante formale intestazione di beni e contratti riferibili all’azienda e persino la loro concessione in godimento a terzi, non diversamente dalla permanente titolarità di crediti non riscossi, rappresentano circostanze neutre, inidonee cioè a configurare la prosecuzione di fatto dell’attività di impresa, non integrando invero il “concreto esercizio” di quest’ultima [nello specifico, ad avviso del tribunale, il richiedente il fallimento di un imprenditore individuale, cancellato dal registro delle imprese da oltre un atto, che avrebbe in realtà continuato a svolgere la medesima attività, avrebbe dovuto dimostrare l’effettivo utilizzo in via diretta ed autonoma del complesso di beni aziendali già organizzato ai fini dell’esercizio dell’attività in precedenza esercitata, non potendosi invero considerare tale il mero affidamento di essi a soggetti terzi, ovvero avrebbe dovuto dare prova della proseguita  collaborazione con altri imprenditori (contratto di rete d’imprese) e della organizzazione e  dello svolgimento comune dell’attività di impresa con altri consociati (contratto di consorzio)]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/26128.pdf

https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/trib-avellino-5-ottobre-2021-pres-iandiorio-est-russolillo

[cfr. in questa rivista: Cassazione civile, Sez. I, 21 Dicembre 2018, n. 33349  https://www.unijuris.it/node/4535 e Corte di Cassazione, Sez. VI civ. -1, 16 marzo 2020, n. 7311 https://www.unijuris.it/node/5331].

Uffici Giudiziari: 
Concetti di diritto fallimentare: 
[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: