Tribunale di Piacenza – Liquidazione controllata: criterio di quantificazione della quota di reddito da lasciare nella disponibilità del proponente. Considerazioni in termini di durata minima e massima della procedura.

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Data di riferimento: 
23/12/2024

Tribunale Ordinario di Piacenza, Sez. civile, 23 dicembre 2024 (data della pronuncia) – Pres. Stefano Brusati, Rel. Stefano Aldo Tiberti, Giudice Antonino Fazio.

Liquidazione controllata – Quota di reddito da lasciare nella disponibilità del debitore - Valutazione in ordine alla soglia “limite” di beni necessari al mantenimento del nucleo familiare - Apprezzamento discrezionale del Tribunale – Criterio cui attenersi nella quantificazione.

Con riferimento ad una procedura di liquidazione controllata la valutazione in ordine alla soglia “limite” di beni necessari al debitore per il mantenimento suo e della sua famiglia ex art. 268, comma 4, lettera b), C.C.I, costituisce un apprezzamento discrezionale del Tribunale. Al fine di individuare la quota di reddito da lasciare nella disponibilità del debitore, da un lato, questa non può essere limitata a coprire le esigenze puramente alimentari dei componenti il nucleo familiare del ricorrente, dovendo invece essere ragguagliata ad una misura che possa costituire anche premio ed incentivo per l'attività produttiva e reddituale da lui svolta, e dall'altro, tale quota non può essere elevata fino a raggiungere il limite del minimo tenore di vita socialmente adeguato (ex art. 36 Cost.), in quanto deve sempre considerarsi che nella condizione sociale del fallito ha un peso rilevante la sua condizione di debitore verso una collettività di debitori concorrenti. Nella valutazione di congruità delle spese prospettate dal debitore, il Tribunale ben può fare riferimenti a parametri oggettivi esterni - quali la spesa media mensile e la soglia di povertà assoluta ISTAT, oppure l’ammontare dell’assegno sociale minimo INPS -, al fine di motivare la propria decisione. Nella determinazione della soglia di reddito esclusa deve, altresì, essere valutato l’eventuale apporto economico dei familiari e conviventi, i quali si presume contribuiscano alle spese di mantenimento della famiglia in misura proporzionale al proprio reddito. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

https://dirittodellacrisi.it/articolo/trib-piacenza-23-dicembre-2024-pres-brusati-est-tiberti

 

NOTA REDAZIONALE.

Con riferimento in particolare al programma di liquidazione controllata familiare ex art. 66 C.C.I. sottoposto al suo esame, cosi in particolare, in sede di apertura, il Tribunale ha deciso anche isui termini di possibile durata della procedura. Esso deve prevedere la fine delle operazioni entro un termine ragionevole, e dovrà in ogni caso essere idoneo a far sì che la procedura concorsuale rispetti, complessivamente, il termine massimo di ragionevole durata ex art. 2, comma 2 bis,L. 89/2001 fissato in anni sei; il termine massimo potrà essere fissato a sette anni, unicamente qualora la procedura presenti tratti di notevole difficoltà (a causa del numero dei creditori, della particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare, della proliferazione di giudizi connessi o della pluralità di procedure concorsuali interdipendenti), previa congrua motivazione sul punto in sede di redazione. Qualora l’attività di liquidazione includa il conferimento alla procedura di somme percepite dal debitore a titolo di pensione o in forza di attività lavorativa, le operazioni di liquidazione dovranno avere durata minima di tre anni dalla apertura della procedura, onde massimizzare il soddisfacimento dei creditori. Quanto al limite di durata massimo in tal caso della procedura, l'art. 282 C.C.I., dal momento che prevede un termine per l'esdebitazione di diritto del debitore, fissato in tre anni successivi alla apertura della liquidazione (salva chiusura in epoca anteriore), si deve ritenere fissi altresì il limite temporale massimo nel quale i beni futuri del debitore possono essere utilmente acquisiti all'attivo, sicché il Liquidatore, a partire dalla data di emissione da parte del Tribunale del decreto di esdebitazione ex art. 281, comma 1, C.C.I., si asterrà dall’apprendere all’attivo ogni eventuale bene o reddito futuro (impregiudicata la prosecuzione dell’attività liquidatoria dei beni già incamerati all’attivo).

Uffici Giudiziari: 
Concetti di diritto fallimentare: 
[Questo provvedimento si riferisce al Codice della crisi]
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