Corte di Cassazione (7013/2025) – Fallimento: considerazioni in tema di credito di terzo garantito da pegno, compensazione tra crediti, istanza di risoluzione di contratti pendenti e prova della scientia decoctionis in sede revocatoria.

Corte di Cassazione, Sez. I civ., 16 marzo 2025, n. 7013 – Pres. Massimo Ferro, Rel. Filippo D'Aquino.
Credito garantito da pegno regolare – Fallimento del debitore che l'ha costituito - Obbligo di regola di restituzione del bene – Necessità dell'insinuazione al passivo per far valere quel credito.
Compensazione in sede fallimentare – Natura dei crediti tra i quali può operare.
Fallimento – Contratto pendente – Inammissibilità della richiesta di risoluzione formulata dal terzo – Fondamento.
Pagamenti di debiti liquidi ed esigibili - Azione revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 2, L.F.– Conoscenza da parte del convenuto creditore dello stato di insolvenza del debitore poi fallito – Non decisività del comportamento ingannevole tenuto dal debitore in quell'occasione – Prove offerte da parte della curatela – Giudice – Necessità di una valutazione complessiva degli elementi indiziari addotti.
Ove oggetto del pegno sia un bene determinato, per il quale non sia stato conferito al creditore pignoratizio il potere di disporre del relativo diritto, quali anche titoli di credito o documenti di legittimazioni che risultino specificatamente descritti e analiticamente indicati, si esula dall'ipotesi del pegno irregolare e si rientra nella disciplina del pegno regolare, onde il creditore ha l'obbligo, di regola, di restituire l’oggetto del pegno ed è tenuto, in caso di fallimento del soggetto che l'ha costituito, ad insinuarsi nel passivo del fallimento per far valere il credito che stava alla base del rilascio di detta garanzia. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
La compensazione è consentita in sede concorsuale anche ove i presupposti di liquidità maturino dopo l’apertura della procedura, purché i fatti genetici delle rispettive obbligazioni siano preesistenti alla stessa. Nessuna compensazione può però operarsi – né in sede ordinaria, né in sede fallimentare ex art. 56 l. fall. - ove una delle reciproche obbligazioni non sia una obbligazione pecuniaria, oppure laddove il credito portato in compensazione (o entrambi), essendo illiquido, ed essendo quindi indeterminato nel suo ammontare, non sia di facile o pronta liquidazione, o, ancora, non sia liquidabile dal giudice che vi procede. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il fallimento del contraente preclude l’esperibilità dell’azione di risoluzione nei confronti del curatore del fallimento, salvo il caso in cui il terzo contraente si sia già avvalso della clausola risolutiva espressa prima della dichiarazione di fallimento; la dichiarazione di fallimento determina, infatti, la destinazione del patrimonio del fallito al soddisfacimento di tutti i creditori, non potendosi configurare (come già sotto il precedente regime normativo) un inadempimento del curatore all’atto della dichiarazione di fallimento, stante l’applicazione della disciplina di cui all'art. 72 l. fall. prevedente la sospensione dei contratti pendenti. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
In sede di revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 2, l. fall. di pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti in periodo sospetto dal fallito allorché ancora in bonis, ai fini del riscontro della consapevolezza dello stato di insolvenza di quello da parte del terzo (scientia decoctionis) il giudice del merito, nell’esame dei diversi elementi indiziari addotti dalla curatela ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova circa l’esistenza di quella conoscenza come rappresentante un fatto ignoto, deve valutare tali elementi nella loro globalità, esaminandoli sia analiticamente, attribuendo un peso ponderale a ciascuno di essi, sia sinteticamente nel loro insieme logico e di contesto, verificando se la relativa combinazione sia in grado di fornire una plausibile e dunque valida prova presuntiva; il giudice infatti, pur potendo esercitare la propria discrezionalità nell’esame dei vari elementi presuntivi, non può prescindere dalla valutazione anche globale degli elementi indiziari come richiamati dalla parte attrice ciò al fine di verificare se siano idonei, nel loro complesso, a dimostrare che il terzo, utilizzando la normale prudenza e avvedutezza, rapportata anche se del caso alle sue qualità personali e professionali e alle concrete condizioni operative, non potesse non percepire i segnali rivelatori della decozione del debitore, quand'anche quello stesso abbia tenuto nei suoi confronti in occasione della conclusione del contratto cui quei pagamenti si riferiscono [nello specifico, il riconoscimento di un mutuo fondiario garantito da pegno e ipoteca] un comportamento ingannevole volto a mascherare, anche mediante la produzione di bilanci falsi, il suo attuale status economico-finanziario e patrimoniale, non potendo risultare quella sola circostanza determinante e potendo essere smentita e pertanto bypassata dalle altre come evidenziate. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata).
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I Civ., 08 agosto 2016 n. 16618 https://www.unijuris.it/node/2987; con riferimento alla seconda: Cassazione civile, sez. I, 28 Gennaio 2025, n. 2005 https://www.unijuris.it/node/8344 e Cassazione, Sez. 5, 13 luglio 2023, n. 20063 https://www.unijuris.it/node/7134; con riferimento alla quarta e ultima: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 17 maggio 2023, n. 13445 https://www.unijuris.it/node/7068 e Cassazione civile, Sez. I, 08 Febbraio 2018, n. 3081 https://www.unijuris.it/node/4208].