Tribunale di Milano – Concordato preventivo in continuità aziendale: presupposti di ammissibilità della domanda d'accesso e differenza rispetto a quelli richiesti in caso di concordato liquidatorio.

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Data di riferimento: 
11/05/2023

Tribunale di Milano, Sez. II civ., 11 maggio 2023 (data della pronuncia) – Pres. Rel. Luisa Vasile, Giud. Guendalina Pascale e Luca Giani.

Concordato preventivo in continuità aziendale - Istanza d'accesso – Verifica che il tribunale deve eseguire – Condizioni per ritenerlo ammissibile.

Con riguardo ad una istanza di concordato in continuità aziendale, la nuova disciplina di cui al codice della crisi, all'art. 47, primo comma, C.C.I., prevede che il tribunale, in aderenza alle prescrizioni della Direttiva 2019/1023,. verifichi (lettera b) - anziché, come nel caso del concordato liquidatorio (lettera a), l'ammissibilità della proposta e la fattibilità anche economica del piano, intesa come non manifesta inattitudine del medesimo a raggiungere gli obiettivi prefissati - la mera ritualità della proposta, ossia la sua sola legittimità; ciò in quanto il riscontro della fattibilità risulterebbe in quel caso estremamente complesso stante la volatilità degli scenari economici. Pur tuttavia la domanda dì accesso a quel tipo di concordato è comunque inammissibile se il piano risulti manifestamente inidoneo alla soddisfazione dei creditori come proposta dal debitore e alla conservazione dei valori aziendali, ciò in quanto l'art. 7, primo comma, lettera c), C.C.I. richiede non solo la convenienza per i creditori, presupposto comune ad ogni tipo di strumento di composizione della crisi e dell'insolvenza, ma in più, in ipotesi di concordato in continuità, l'assenza di pregiudizio per i creditori.Appare quindi indicato, nel primo caso (concordato liquidatorio), un giudizio di verifica da parte del Tribunale sulla scorta di una non manifesta presenza (assenza) di elementi indicativi di “inattitudine”; nel secondo (concordato in continuità,) sulla scorta di un'evidenza (presenza manifesta) di elementi di “inidoneità”. Risulta pertanto necessario, in questo secondo caso, che la proposta e il piano, come interconnessi tra loro, risultino operativamente percorribili e coerenti col dichiarato fine del risanamento dell'impresa e della conservazione dei valori aziendali, oltre che in grado di assicurare la soddisfazione dei creditori in misura almeno pari all'alternativa liquidatoria. Più precisamente il tribunale deve valutare che, se l'impresa è in crisi, il piano consenta di evitare l'insolvenza e al contempo di superare la crisi; se l'impresa già si trova in situazione di insolvenza, il piano sia in grado di rimuoverla. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

https://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/29267.pdf, art. 47 C.C.I.

Uffici Giudiziari: 
[Questo provvedimento si riferisce al Codice della crisi]
Articoli di riferimento nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza