Tribunale di Gela – Società di fatto fra s.r.l. ed s.n.c. – Estensione del fallimento della s.r.l. alla società di fatto.

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Data di riferimento: 
15/10/2013

Tribunale di  Gela 15 ottobre 2013 - Pres. Leone - Est. Solaini.

Estensione del fallimento alla società di fatto - Presupposti - Fallimento della società di fatto formata da società a responsabilità limitata e da società in nome collettivo. 

Istanza di estensione del fallimento – legittimazione del curatore.

La disposizione del quinto comma dell’articolo 147 legge fallimentare è applicabile anche all’ipotesi in cui, dichiarato il fallimento di una società, risulti che l’attività di impresa della società fallita, è riconducibile ad una società, di cui quella già fallita fa parte, e delle cui obbligazioni risponde illimitatamente, stante che secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, per poter considerare esistente una società di fatto, agli effetti della responsabilità delle persone o dell’ente, anche in sede fallimentare, non occorre necessariamente la prova del patto sociale, ma è sufficiente la dimostrazione di un comportamento, da parte dei soci, tale da far ritenere che nonostante nei confronti dei terzi appaia formalmente un solo soggetto giuridico che esercita attività d’impresa, in effetti, dietro lo schermo della personalità giuridica di tale soggetto si celano, invece, altri soggetti che sulla base degli indicati indici rivelatori gestiscono ed operano di fatto unitamente e/o in luogo della società che appare di fronte ai terzi  v. Cass., 29.10.1997, n. 10695 secondo cui : la concreta mancanza della prova scritta di un contratto societario relativo ad una società di fatto o irregolare (non richiesta, peraltro, dalla legge ai fini della sua validità), non impedisce, al giudice del merito, l'accertamento, "aliunde", della esistenza di una struttura societaria, all'esito di una rigorosa valutazione (quanto ai rapporti tra soci) del complesso delle circostanze idonee a rivelare l'esercizio in comune di una attività imprenditoriale nonché l'esistenza di una "affectio societatis"("id est" l'intenzione pattizia dei contraenti di vincolarsi e collaborare per tale esercizio), potendo legittimamente desumersi tale rapporto sociale dai comportamenti tenuti, anche nei confronti dei terzi, da ciascuno dei soci nell'esercizio collettivo dell'impresa.(Francesco Gabassi – Riproduzione riservata)

La giurisprudenza di merito e di legittimità (cfr. da ultimo Cass. Civ. n.23344 del 18.11.2010) ha individuato una serie di elementi indiziari idonei e sufficienti a dimostrare l'esistenza di una società di fatto, quali l'identità della sede legale, amministrativa ed operativa, l'unicità della struttura organizzativa e produttiva, l'identità della compagine sociale, la commistione patrimoniale fra le società e il perseguimento di un comune interesse. (Francesco Gabassi – Riproduzione riservata)

Il curatore é autonomamente legittimato a proporre l’istanza di estensione del fallimento, qualora l’estensione del fallimento, s’innervi in una procedura già esistente, nella quale il curatore, è l’organo pubblico operativo procedente, che va a sostituire la legittimazione del Pm il quale ex art. 7 L.F. può chiedere la dichiarazione di fallimento (ma non l’estensione), mentre ex art. 147 comma 5 L.F. tale legittimazione non è più contemplata dalla norma (a favore del pm) proprio perché sostituita da quella del curatore, nel suo ruolo di garante del rispetto della legge; il predetto curatore è, pacificamente, un pubblico ufficiale (art. 30 L.F.). Infatti, secondo la giurisprudenza, il curatore è un organo dell’ufficio fallimentare, il quale concorre alla “formazione e alla manifestazione” della volontà della Pubblica Amministrazione attraverso i suoi poteri, le istanze nonché con la costante partecipazione negoziale agli atti del fallimento (Cass. N. 3327 del 20/01/2010). A conforto di tale esegesi del disposto normativo si evidenzia come l’art. 147 comma 5 L.F. definisca la richiesta di estensione del fallimento “istanza” e non ricorso (postulando, implicitamente, la non applicabilità dell’art. 125 c.p.c.). (Francesco Gabassi – Riproduzione riservata)

 

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: