Corte di Cassazione (36416/2023) - Amministratore che prelevi in assenza di delibera assembleare o di previsione statutaria dalle casse della società, poi fallita, somme a lui spettanti come retribuzione: ipotesi di reato configurabili.

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Data di riferimento: 
31/08/2023

Corte di Cassazione, Sez. V penale, 31 agosto 2023, n. 36416 – Pre. Maria Vessichelli, Rel. Francesco Cananzi.

Fallimento di società di capitali– Amministratore – Precedente prelievo di somme spettanti quale retribuzione dalle casse sociali – Assenza di delibera assembleare o di previsione statutaria – Ipotesi di reato configurabili.

Società di capitali -Amministratore – Accettazione rituale della carica – Prestazioni svolte - Diritto al compenso – Prelievo di somme dalle casse sociali -– Assenza di delibera assembleare o di previsione statutaria – Fallimento della società - Comportamento configurabile a seconda dei presupposti quale bancarotta fraudolenta o preferenziale – Valutazione rimessa alla decisione del giudice.

Amministratore – Prelievo non autorizzato di somme dalle casse sociali – Comportamento costituente reato posto in essere nella convinzione della sua liceità – Asserita buona fede - Ipotesi di errore di diritto che non esclude la punibilità - Fondamento.

Il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione si deve ritenere risulti integrato dalla condotta dell'amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perché, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell'"an", non è determinato anche nel "quantum"; pur tuttavia il dato formale della assenza di una delibera assembleare o di una previsione statutaria, che fissi il compenso per l'amministratore della società di capitali, deve pur sempre confrontarsi con la circostanza che il prelievo possa essere comunque dovuto nell'"an" e essere congruo, se non addirittura necessitato da esigenze di sopravvivenza, nel quale caso la condotta risulta non più distrattiva, in quanto determinante il pericolo di una riduzione della garanzia patrimoniale per i creditori ma, a fronte della legittima sussistenza del credito, per così dire di necessità, deve ritenersi lesiva del principio della par condicio creditorum, integrando così la fattispecie della bancarotta preferenziale. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

Deve affermarsi che, a seguito dell'accettazione rituale della carica di amministratore di una società di capitali, quest'ultimo ha diritto al compenso per l'attività svolta e spetta al giudice del merito verificare se, anche in assenza di delibera assembleare o di previsione statutaria in merito alla quantificazione dello stesso, ricorra il delitto di bancarotta preferenziale piuttosto che quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, a seconda che il diritto al compenso sia correlato ad una prestazione effettiva o meno e che il prelievo dalle casse sociali sia o meno congruo ristoro all'impegno profuso. (Principio di Diritto)

Allorché l'autore del fatto, costituente ipotesi di illecito penale, abbia erroneamente inteso la normativa applicabile in ordine ad una situazione di fatto rispondente alla realtà, si tratta di un mero errore di diritto, che non vale ad escludere la punibilità perché concettualmente non può sotto alcun profilo essere configurato come errore di fatto; esso si risolve in un errore sulla liceità del comportamento, dovuto ad una inesatta conoscenza degli obblighi giuridici derivanti dall'ordinamento. In  particolare, nel caso dell'amministratore di una società poi fallita accusato della commissione di un reato, che prospetti di avere, nell'occasione del compimento del fatto delittuoso, agito in buona fede nella convinzione della sua liceità, lo stesso non può, trattandosi di operatore in ambito societario obbligato ad acquisire informazioni circa la specifica normativa applicabile in relazione al ruolo rivestito, limitarsi, per escludere il dolo richiesto dalla norma incriminatrice, ad affermare di ignorarne la previsione, ma deve dimostrare di aver compiuto tutto quanto poteva per osservare la disposizione violata. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata

http://www.fallimentiesocieta.it/node/2366

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