Tribunale di Udine - Esercizio contestuale di azione di responsabilità ed azione revocatoria: ammissibilità e presupposti.

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Data di riferimento: 
17/10/2008

Anche dopo la riforma della disciplina delle società di capitali e segnatamente delle società a responsabilità limitata introdotta nel 2003, la curatela é legittimata ad esperire l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori prevista dall'art. 146 l. fall. , sia per i danni provocati al patrimonio della società, sia per i danni provocati ai creditori sociali, malgrado l'art. 2476 cod. civ. non preveda più espressamente la possibilità per i creditori sociali di promuovere la medesima azione e ciò anche in forza della modifica introdotta all'art. 146 l. fall. dalla riforma della legge fallimentare ( con tutte le ovvie ricadute sotto il profilo dell'onere della prova del danno, della promuovibilità dell'azione nel caso di rinunzia o transazione da parte della società e di prescrizione dell'azione).

L'amministratore deve rispondere per i danni provocati con la sua condotta contraria ai doveri e agli obblighi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo alla società e ai creditori, qualora abbia gravemente depauperato il patrimonio della società, che non appare sufficiente a soddisfare le ragioni creditorie di questi ultimi e grava sullo stesso l'onere della prova circa la non imputabilità del fatto dannoso e circa l'osservanza dei doveri imposti dalla legge e dallo statuto ( v. art. 2476, primo comma, ultima parte , che stabilisce una inversione dell'onere della prova a favore della società e dei creditori). Spetta per contro al curatore provare la sussistenza di un nesso di causalità tra la violazione dei doveri gravanti sull'amministratore e la perdita subita, nonché l'entità del danno, che deve essere commisurata alle conseguenza immediate e dirette delle violazioni contestate all'amministratore

Il criterio residuale della differenza tra attivo e passivo della società, per la quantificazione del danno, può essere sempre utilizzato quando non vi sia la possibilità di ricostruire compiutamente la contabilità sociale.

Poichè ai fini dell'esperimento dell'azione revocatoria ordinaria da parte del creditore avverso un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore è sufficiente l'esistenza di una ragione di credito, ancorchè non accertata giudizialmente, la definizione dell'eventuale controversia sull'accertamento del credito non costituisce l'antecedente logico - giuridico indispensabile della pronunzia sulla domanda revocatoria, sicchè il giudizio relativo a tale domanda non è soggetto a sospensione necessaria, ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ. Il conflitto pratico tra giudicati che tale norma mira ad evitare mediante la sospensione della causa pregiudicata è reso impossibile dal fatto che la sentenza dichiarativa dell'inefficacia dell'atto dispositivo nei confronti del creditore, a seguito dell'accoglimento della domanda revocatoria, non costituisce titolo sufficiente per procedere ad esecuzione nei confronti del terzo acquirente, essendo a tal fine necessario che il creditore disponga anche di un titolo sull'esistenza del credito, che può procurarsi soltanto nella causa relativa al credito e non anche in quella concernente esclusivamente la domanda revocatoria, nella quale la cognizione del giudice sul credito è meramente incidentale.

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: