Corte di Cassazione (27935/2018) - Fallimento e contratto di leasing traslativo in precedenza già risolto: inapplicabilità, in luogo dell'art. 1526 c.c., di patti seppur in parte coincidenti con l'art. 72 quater L.F.

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Data di riferimento: 
30/10/2018

Corte di Cassazione, Sez. I civ., 30 ottobre 2018 n. 27935 – Pres. Rosa Maria Di Virgilio, Rel. Aldo Angelo Dolmetta.

Fallimento -  Leasing  traslativo – Contratto già anticipatamente risolto – Patto di deduzione – Art. 72 quater L.F. - Contenuto solo in parte coincidente – Differenze rilevanti – Nullità della clausola – Contrarietà alla previsione di cui all'art. 1526 c.c. - Norma da applicarsi.

Si deve considerare nullo per contrarietà all'ordine pubblico economico ed, in particolare, alla previsione di cui all'art. 1526 c.c., applicabile in via analogica a tutti i casi di risoluzione anticipata di un contratto di leasing  traslativo, il patto, c.d. "di deduzione", che sia in esso inserito, mediante il quale sia previsto che, a fronte del riconoscimento  all'utilizzatore, che abbia restituito il bene, di quanto ottenuto dalla vendita o riallocazione dello stesso (importo, comunque,  già da decurtarsi di "tutte le spese ed oneri, anche se giudiziali e non ripetibili, e comunque a qualsiasi titolo sostenuti dal concedente"), debbano essere riconosciuti allo stesso concedente tutti gli importi "contrattualmente previsti" a carico dell'utilizzatore stesso "fino alla data di scadenza originaria del contratto di locazione finanziaria", con addizione di interessi moratori e convenzionali. In tal caso non si può neppure sostenere che tale previsione risulti ammissibile alla luce di quanto disposto dall'art. 1322, secondo comma c.c., richiamandosi, per affermare la non contrarietà di quella previsione ad interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, a quanto disposto, in modo in buona parte coincidente, dall'art. 72 quater L.F., trovando tale norma, a differenza di quanto previsto da quel patto, applicazione solo relativamente ad un contratto di leasing ancora in corso al momento della dichiarazione di fallimento dell'utilizzatore, sciolto unicamente per volontà del curatore, e non, dunque, ad un contratto di quel tipo già precedentemente risolto e imponendo quella disposizione che la vendita o reimpiego del bene posta in essere dalla società concedente debba "necessariamente" avvenire e sempre "a valori di mercato"e non a discrezione della stessa.  (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/21221.pdf

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