Corte d'Appello di Firenze – Ipotesi in cui le percentuali indicate nella proposta di concordato in continuità debbono considerarsi meramente indicative ai fini della declaratoria di intervenuta esecuzione del concordato.

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Data di riferimento: 
04/04/2019

Corte d'Appello di Firenze, Sez. I civ., 04 aprile 2019 – Pres. G. Sgambati, Cons. Rel. I. Mariani, Cons. L. Delle Vergini.

Concordato in continuità – Creditori - Assicurazione di una percentuale "fissa" di soddisfazione – Natura di concordato con garanzia –  Considerazione assoluta – Esclusione.

Va escluso che il concordato in continuità vada considerato in assoluto come una sorta di concordato del tipo di quello con garanzia, vale a dire che sia necessario assicurare (a differenza di quanto accadeva e, forse ancora accade, in caso di concordato con cessione dei beni, ove, quantomeno prima della riforma del 2015 che ha assicurato ai chirografari una percentuale di pagamento di almeno il 20%, ciò non avveniva in quanto  la proposta conteneva e forse ancora contiene una "mera previsione" non impegnativa) una "percentuale fissa" di soddisfazione dei creditori, e ciò sia perché l'indicazione di una percentuale di soddisfazione garantita non è prevista in alcun dato testuale, dovendosi anzi oggi rinvenire nell’ultimo comma dell’art. 186 bis un dato interpretativo contrario, sia perchè l'indicazione delle percentuali di soddisfazione contenuta nella proposta per classi costituisce solamente un dato di valutazione ex ante che esplica la propria funzione di argine alla discrezionalità, consentendo la verifica della proposta e del piano sia da parte dell’attestatore, che del Tribunale, che dei creditori, e non implica, se non espressamente indicato, la promessa di una soddisfazione certa.  [La Corte non ha condiviso in assoluto le ragioni che militano in favore della tesi contraria, vale a dire della necessità di indicare in sede di proposta di quel tipo una percentuale vincolante, che risultano, ad avviso dei sostenitori di quella tesi,  costituite, da un lato, dall'esigenza di rendere effettiva la prescrizione normativa di cui all'art. 186 bis, comma 2, lett. b), legge fall., che impone all’attestatore di certificare la convenienza della continuità aziendale rispetto all'alternativa liquidatoria, e dall'altro dalla stessa struttura del concordato con continuità aziendale, nel quale il debitore rimane nella piena disponibilità del proprio patrimonio ed i creditori non possono soddisfarsi con proventi derivanti dalla liquidazione dello stesso, ed ha, pertanto, ritenuto che, nel caso specifico, il piano, da considerarsi relativo a concordato "misto" con prevalenza della continuità, non si potesse ritenere completamento eseguito e dovesse proseguire nel suo svolgimento pur essendosi, in fase esecutiva, raggiunta, tramite la prosecuzione dell'attività, la percentuale di soddisfazione preventivata nella proposta, non essendosi però ancora proceduto, come previsto dal piano, alla liquidazione, degli immobili non funzionali all'esercizio dell'impresa, così da  consentire ai creditori di conseguire un soddisfacimento superiore]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione  riservata)

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/22204.pdf

[cfr. in questa rivista con riferimento in particolare al regime del concordato con cessione dei beni: Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 23 gennaio 2013, n. 1521 https://www.unijuris.it/node/1701  e  Cassazione civile, Sez. I, 23 giugno 2011, n. 13817  https://www.unijuris.it/node/1188]

Uffici Giudiziari: 
Concetti di diritto fallimentare: 
[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: