Tribunale di Padova – Fallimento: le rimesse bancarie effettuate in periodo sospetto su un conto corrente “congelato” non sono soggette alla esenzione e alla limitazione della revocabilità ai sensi degli artt. 67, terzo comma lettera b) e 70 L.F.

Versione stampabileVersione stampabile
Data di riferimento: 
07/10/2021

Tribunale Ordinario di Padova, Sez. II civ., 07 ottobre 2021 –  Giud. Margherita Longhi.

Azione revocatoria fallimentare – Rimesse bancarie su conto corrente “congelato” – Revocabilità di tutte quelle effettuate a far tempo dal congelamento – Inapplicabilità degli artt. 67, terzo comma, lettera b) e 70 L.F. - Fondamento.

Le norme di cui agli artt. 67, terzo comma lettera b) e 70 L..F. che prevedono esenzione e limitazione della revocabilità delle rimesse bancarie non trovano applicazione in presenza di conti correnti “congelati”, vale a dire conti che, pur in assenza di una formale revoca degli affidamenti, non venendo più utilizzati per disporre pagamenti in favore di terzi o per svolgere attività di impresa, risultino preordinati al solo scopo di consentire al correntista di ridurre definitivamente l'ammontare della propria esposizione nei confronti di una banca, come eccedente il limite del fido concessogli,   stante che tali disposizioni si deve ritenere operino solo in presenza di un rapporto continuativo nel quale il correntista/debitore abbia la possibilità, effettuato un pagamento, di riutilizzare il denaro esistente sul conto così da evitare che nuovi impieghi possano essere considerati pagamenti di per sé revocabili, esponendo l'accipiens al rischio di dover restituire anche più di quanto si sia effettivamente risolto a suo vantaggio. Dal momento in cui il conto è stato congelato deve essere pertanto affermata la revocabilità di tutte le rimesse effettuate, senza tenere conto dell’esenzione di cui all’art. 67, terzo comma, lettera b) e del  limite di cui all’art. 70 l. fall., in  quanto da tale momento può ritenersi anche accertata la conoscenza da parte della banca dello stato di insolvenza del correntista. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/26102.pdf

https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/trib-padova-7-ottobre-2021-est-longhi

[in tema di revocabilità delle rimesse relative ad un conto finalizzato a canalizzare il solo rientro dall'esposizione, cfr. in questa rivista: Tribunale di Milano, 3 giugno 2014 (data decisione) https://www.unijuris.it/node/2354; quanto al presupposto della conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'accipiens: Cassazione civile, sez. I, 12 Novembre 2019, n. 29257 https://www.unijuris.it/node/4947 e Corte di Cassazione, Sez. I civ., 02 novembre 2017 n. 26061 https://www.unijuris.it/node/3767].

 

Commento del dott. Giuseppe Rebecca

Interessante sentenza  del Tribunale di Padova, con relatrice la dottoressa Margherita Longhi,   che risveglia l’ interesse sulla questione delle revocatorie delle rimesse bancarie , invero ultimamente  un po’  sopito. La sentenza tocca vari aspetti, che qui analizziamo dettagliatamente  :

 

a. Ammissibilità della azione revocatoria  post ammissione allo stato passivo .

La banca aveva sostenuto che “ l'ammissione al passivo, da parte del Giudice delegato, del credito residuo vantato dall'istituto precluderebbe, per l'esistenza del c.d. giudicato endofallimentare, l'azione revocatoria delle rimesse effettuate nel conto, non essendo stata sollevata dalla curatela, in sede di discussione dello stato passivo, l'eccezione revocatoria. A sostegno della propria tesi ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 16508/2010, nonché il disposto dell'art. 95 comma primo della legge fallimentare.”  …

Ma il giudice osserva come, in sede di domanda di ammissione al passivo, la banca “ si è di fatto limitata ad enunciare l'ammontare della pretesa creditoria ("credito derivante da apertura in conto corrente utilizzabile anche quale castelletto € 372.572,51", senza rappresentare al giudice alcuna compensazione o meccanismo compensativo, né prospettando la sussistenza del "patto di compensazione" oggi richiamato a fondamento dell'eccezione (né può ritenersi sufficiente il mero deposito di documentazione, posto che detto deposito non può sostituire gli oneri di deduzione e allegazione specifica sussistenti in capo alla parte). “…

Conseguentemente ha respinto la eccezione.

In conclusione, la ammissione di una domanda di ammissione allo stato passivo che non specifichi dettagliatamente al suo interno   alcuna effettuata compensazione non pregiudica l’esercizio della  eventuale successiva azione revocatoria, da parte del curatore.  Questi potrà sempre esperirla, ovviamente in presenza dei necessari presupposti.

 

b. L’elemento soggettivo

Per quanto concerne la conoscenza dello stato di insolvenza, presupposto che è sempre necessario, per esperire l’azione revocatoria, la sentenza richiama quanto oramai ritenuto unanimamente, e cioè che tale conoscenza “può legittimamente fondarsi su elementi indiziari caratterizzati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza, da sottoporre a valutazione complessiva (tesa ad appurare se la loro combinazione sia idonea a rappresentare una valida prova presuntiva; cfr. Cass. 29257/2019). Tuttavia per il raggiungimento della prova della scientia decoctionis con il mezzo delle presunzioni non basta una astratta conoscibilità oggettiva accompagnata da un presunto dovere di conoscere, richiedendosi la presenza di concreti collegamenti di quel creditore con i sintomi conoscibili dello stato di insolvenza (cfr, ex multis e tra le più recenti, Cass. 7276/2019). La valutazione degli elementi indiziari deve in questo caso essere compiuta tenendo in considerazione il fatto che, nel caso di specie, creditore è un istituto di credito. Infatti, la qualità di operatore economico qualificato della banca convenuta, pur non integrando, da sola, la prova dell'effettiva conoscenza dei sintomi dell'insolvenza, "impone di considerare la professionalità ed avvedutezza con cui normalmente gli istituti di credito esercitano la loro attività" (cfr. Cass. 26061/2017), avendo la banca la disponibilità di mezzi ed informazioni tali che le consentono di cogliere tempestivamente i segnali della crisi economica e finanziaria del proprio cliente.”

Nello specifico, questi gli elementi richiamati : 

1)  una corrispondenza particolare,

2) la situazione economica-finanziaria che  mostrava, come rilevato dal CTU, "una società fortemente dipendente da mezzi di terzi e in grave crisi di liquidità derivante in particolar modo da difficoltà nell'incasso dei crediti commerciali. Sotto il profilo economico l'azienda non produce ricavi sufficienti a remunerare adeguatamente il capitale investito. La gestione caratteristica produce un risultato, seppur positivo, troppo modesto rispetto al volume di affari e comunque insufficiente a coprire tutti gli altri costi aziendali (oneri finanziari e costi non operativi)",

3) percentuali di insoluti, come risultanti dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia,

4) l’esistenza di protesti,

5) le analisi per la  predisposizione di una domanda di concordato preventivo ,

6) il congelamento del conto.

 

c) L’elemento oggettivo

Dalla circostanza del congelamento del conto ne discende anche  l'inapplicabilità sia dell'art. 67 comma terzo lettera b) che dell'art. 70  con conseguente revocabilità di tutte le rimesse.. “ Secondo parte della giurisprudenza di merito (nonché parte della dottrina), infatti, "le norme di cui agli artt. 67, III comma lettera b) e 70 L.F. sono intese a regolare contesti di conto corrente operativo di cui è consentito un riutilizzo, al fine di evitare che versamenti funzionali a riutilizzi possano essere revocati, ma sono sostanzialmente incompatibili con un conto bloccato "al rientro", posto che in tal caso qualunque rimessa è comunque definitiva e idonea a ledere la par conditio creditorum" (cfr. Appello Torino 5.5.2017 n. 973). "Ne deriva l'inapplicabilità tanto dell'art. 67, terzo comma lettera b), che dell'art. 70 lf in quanto norme destinate ad operare esclusivamente nei rapporti nei quali il correntista/debitore, effettuato un pagamento, abbia la possibilità di riutilizzare il denaro esistente sul conto e che, su tale presupposto, mirino ad evitare che versamenti funzionali a nuovi impieghi da parte del correntista o comunque seguiti da nuovi impieghi possano essere considerati pagamenti di per sé revocabili, esponendo l'accipiens al rischio di dover restituire ben più di quanto si sia risolto effettivamente a suo vantaggio. “

In effetti, un conto corrente gestito solo al rientro non svolge le funzioni di un normale rapporto bancario , e quindi, al di là di una eventuale  revoca formale del fido, di fatto si è in presenza  di un fido revocato , fattispecie già oggetto di analisi anche sotto la vigenza della normativa precedente.  E il rientro in un conto congelato  esclude la applicabilità delle norme dettate invece per una gestione  ordinaria del rapporto , e nello specifico gli articoli 67 e 70 L.F.

 

d) La prova degli  insoluti

E’ l’istituto di credito  che deve dare prova  del collegamento tra effetti presentati e insoluti . In caso di incertezza documentale  circa la possibilità di legare gli insoluti alle anticipazioni , nello specifico  segnalata dal CTU,  non si possono escludere dalle rimesse effettuate gli insoluti.

Uffici Giudiziari: 
Concetti di diritto fallimentare: 
[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: