Tribunale di Treviso – Ammissibilità del reclamo avverso l'autorizzazione alla derelizione, in sede di liquidazione giudiziale, di rifiuti da smaltire assunta dal G.D. in sostituzione del comitato dei creditori pur se comportante una decisione nel merito

Versione stampabileVersione stampabile
Data di riferimento: 
04/04/2024

Tribunale di Treviso, Sez. II civ., 04 aprile 2024 (data della pronuncia) – Pres. Bruno Casciarri, Rel. Lucio Munaro, Giud. Petra Uliana.

Liquidazione giudiziale – Derelizione da parte del curatore di alcuni beni - Autorizzazione emessa dal giudice delegato in luogo del comitato dei creditori - Reclamo – Decisione da assumersi nel merito – Ammissibilità – Fondamento.

Il reclamo ex art. 124 C.C.I. è correttamente proponibile contro tutti i provvedimenti emessi dal giudice delegato a prescindere dalla loro natura e, dunque, siano essi ordinatori, decisori o anche, (come nel caso di specie), autorizzatori; ciò in quanto detta disposizione non prevede eccezioni alla reclamabilità indifferenziata dei decreti del g.d.,limitandosi ad enunciare un’ipotetica salvezza normativa con l'inciso “salvo che sia diversamente disposto”. In particolare, con riferimento all'ultimo tipo di provvedimenti enunciati, quelli autorizzatori, qualora il giudice delegato si surroghi ai sensi dell'art, 141, quarto comma, C.C.I. nel potere riconosciuto dal primo comma al comitato dei creditori di svolgere quella funzione nei confronti degli atti che il curatore intenda porre in essere, si deve ritenere che, laddove venga proposto reclamo ai sensi dell'art 124 C.C.I. avverso l'autorizzazione riconosciuta, in sostituzione di quello, dal giudice delegato, ciò possa aver luogo non solo per questioni di legalità, ma anche di merito, avendo lo stesso giudice già effettuato quel primo tipo di controllo al momento del rilascio dell'autorizzazione, in conformità a quanto sarebbe tenuto a fare, in caso di reclamo, con riferimento alle autorizzazioni laddove rilasciate dal comitato dei creditori [nello specifico, il Giudice delegato aveva autorizzato in luogo del comitato dei creditori la derelizione di alcuni materiali di proprietà della società assoggettata a liquidazione giudiziale che occupavano un immobile di proprietà di un soggetto che avverso tale decisione aveva sporto reclamo in quanto trattavasi di rifiuti del cui smaltimento il curatore avrebbe dovuto, a suo avviso, per legge occuparsi avendoli inventariati e il Tribunale, investito del reclamo, ha ritenuto che lo stesso risultasse ammissibile anche se volto a contestare nel merito la decisione, assunta dal giudice delegato di autorizzarne la non acquisizione all'attivo della procedura. Ha, pur tuttavia, deciso nel senso che l’invocata correlazione tra detenzione (conseguente all’esecuzione dell’inventario) e obbligo di smaltimento dei rifiuti non poteva comportare la disapplicazione dell’istituto della derelizione, in considerazione delle caratteristiche dei beni interessati. E ciò sia perché l’art. 213., secondo comma, C.C.I. non contempla eccezioni del genere, sia perché il criterio cui si deve attenere il curatore nell’esercizio della sua autonomia (nella scelta di beni da comprendere nella procedura o da liquidare) è primariamente quello della manifesta non convenienza dell’attività liquidativa, onde ha rigettato il reclamo, seppur considerato ammissibile anche se implicava una decisione nel merito]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

L’abbandono dei beni può conseguire alla mera attività ricognitiva ex art. 193.1 cci, collocandosi così in una fase anteriore a quella dell’inventariazione. Così come l’abbandono può intervenire durante l’attività di inventariazione, quando il curatore, magari con l’ausilio dello stimatore ex art. 195.2 cci, decida di non includere certi beni nell’inventario per le indicate ragioni di convenienza. E infine l’abbandono può intervenire dopo la formazione dell’inventario, quando il curatore scelga di rinunciare alla liquidazione dei beni inventariati. A norma dell’art. 213.2 CCII, la derelizione può consistere alternativamente nella mancata acquisizione dei beni all’attivo, oppure nella rinuncia alla liquidazione di beni già inventariati e acquisiti all’attivo. L’effetto della derelizione resta comunque il medesimo: i beni vengono sempre rimessi nella disponibilità del debitore e i creditori, in deroga al principio del concorso sostanziale, possono esercitare autonomamente azioni esecutive o cautelari sugli stessi .Tale essendo il quadro normativo, l’applicazione del principio che correla l’obbligo di ripristino ambientale alla detenzione fondata sull’inventariazione va necessariamente contemperata con l’istituto della derelizione. Il cui effetto è pur sempre unico sia in caso di rinuncia all’acquisizione dei beni, sia in caso di rinuncia alla liquidazione dei beni acquisiti. E’ implausibile che, in relazione agli stessi beni, l’obbligo sia imputabile al curatore – secondo la logica della correlazione ‘detenzione-obbligo di smaltimento’ – per la sola circostanza, del tutto estrinseca, che la sua scelta di convenienza intervenga subito dopo l’inventariazione (con conseguente acquisizione della detenzione) piuttosto che subito prima (con mancata acquisizione della detenzione). Il legislatore ricollega alla derelizione lo stesso effetto quale che sia la sua modalità esecutiva (mancata acquisizione o mancata liquidazione), sicché sarebbe incongruente disapplicare o meno il potere di derelizione, per la presenza di rifiuti da smaltire, a seconda del momento in cui il curatore opera una scelta che per la legge ha lo stesso effetto, e cioè la rimessione dei beni nella disponibilità del debitore. Inoltre, come correttamente osservato in sede dottrinale, la giurisprudenza non sembra legittimare – o almeno non sembra farlo con adeguata chiarezza – un’elisione dell’istituto della derelizione in virtù del principio europeo del chi inquina paga; ciò che porterebbe a ravvisare una sorta di (incongruente) principio semel detentor semper detentor. Infatti secondo questa logica il curatore, una volta divenuto detentore dei rifiuti tramite l’inventario dei beni dell’impresa, dovrebbe smaltirli sempre e comunque. Non potrebbe più abbandonarli – con la derelizione e conseguente rimessione degli stessi al debitore – pur quando i costi di smaltimento sopravanzino in modo eclatante le prospettive di realizzo per i creditori. (Massima a cura della redazione)

https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/31104/CrisiImpresa?Reclamo-contro-le-autorizzazioni-concesse-dal-giudice-delegato-in-sostituzione-del-comitato-dei-creditori

https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/31097/CrisiImpresa?Il-curatore-che-abbandona-i-beni-inquinanti-perch%C3%A9-non-convenienti-non-%C3%A8-obbligato-allo-smaltimento-ed-al-ripristino

https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/trib-treviso-4-aprile-2024-pres-casciarri-est-munaro

[Cfr in questa rivista la citata: Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 26 gennaio 2021, n. 3 – https://www.unijuris.it/node/5646 ]

Uffici Giudiziari: 
Concetti di diritto fallimentare: 
[Questo provvedimento si riferisce al Codice della crisi]
Articoli di riferimento nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza