Tribunale di Campobasso – Giudizio volto all'annullamento di un concordato preventivo: considerazioni in tema di evocazione del garante, legittimazione del commissario giudiziale, ipotesi possibili e conseguente dichiarazione di fallimento.
Tribunale di Campobasso, 28 aprile 2021 – Pres. Laura Scarlatelli, Rel, Rosa Napolitano, Giudice Claudia Carissimi.
Concordato preventivo – Omologazione – Giudizio volto all'annullamento – Evocazione del garante – Presupposto necessario – Possibile chiamata in causa anche iussu iudicis.
Concordato preventivo – Omologazione – Giudizio volto all'annullamento – Commissario giudiziale – Legittimazione attiva – Fondamento.
Concordato preventivo – Omologazione – Giudizio volto all'annullamento – Esagerazione dolosa del passivo e dissimulazione o sottrazione dell'attivo - Ipotesi possibili ex art. 138 L.F. - Disposizione richiamata da parte dell'art. 186 L. - Revoca del concordato dopo l'ammissione – Identità di ratio tra le due procedure - Atti in frode – Ulteriore ipotesi da considerarsi inclusa.
Concordato preventivo – Omologazione – Pronuncia di annullamento – Automatica dichiarazione di fallimento – Esclusione – Differenza rispetto all'annullamento del concordato fallimentare – Necessità dell'iniziativa di un creditore o del P.M. - Informativa nei confronti di quest'ultimo.
In sede di giudizio volto all'annullamento di un concordato preventivo va ritenuta assorbita l'eccezione di inammissibilità per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del garante, sollevata dal legale rappresentante della società in concordato, stante la chiamata in causa dello stesso garante, nelle more del giudizio, iussu iudicis e la conseguente rituale costituzione di quello mediante deposito di comparsa di costituzione e risposta. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Il commissario giudiziale, in ipotesi di comportamenti decettivi del debitore, ai sensi del combinato disposto degli artt. 138, primo comma e 186, ultimo comma, L.F., si deve ritenere soggetto legittimato e necessario contraddittore nel resistere ad una domanda suscettibile di alterare le clausole dell'accordo omologato ovvero nel promuovere, anche senza l'assistenza tecnica di un difensore, a tutela dell'interesse della procedura, un'istanza di annullamento del concordato preventivo omologato nel caso di scoperta postuma dell'esagerazione dolosa del passivo o di sottrazione o dissimulazione di parte rilevante dell'attivo da parte del proponente. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Stante che alle due ipotesi di annullamento del concordato preventivo già omologato che risultano espressamente contemplate dal legislatore in virtù del richiamo da parte dell'art. 186 del disposto dell'art.138 L.F. (scoperta postuma dell'esagerazione dolosa del passivo e sottrazione o dissimulazione di parte rilevante dell'attivo) si contrappone un ben più nutrito elenco di casi, precedenti l'omologazione, di revoca, ex art. 173 L.F, dell'ammissione al concordato preventivo e stante l'evidente identità di ratio tra le due alternative, consistente nell'esigenza comune di rimediare a condotte volte ad occultare situazioni di fatto, inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza, idonee ad influire sul giudizio dei creditori a fronte di una precedente rappresentazione della situazione del tutto inadeguata, si deve ritenere possibile, in sede di concordato preventivo, fare ricorso all'annullamento, da considerarsi come una proiezione post omologa della revoca dell'ammissione, ogni qual volta il consenso dei creditori sia stato carpito con dolo, e non solo nelle due ipotesi restrittivamente previste dall'art. 138 L.F., non potendosi pertanto ritenere esaustivo il richiamo da parte dell'art. 186 L.F. alle sole fattispecie contenute in quell'articolo. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
In mancanza di una espressa richiesta di parte, all'annullamento del concordato preventivo si deve ritenere non consegua l'automatica dichiarazione di fallimento della società in concordato né la verifica della sussistenza dei relativi presupposti, in quanto ipotesi diversa rispetto a quella del concordato fallimentare laddove alla risoluzione e all'annullamento del concordato consegue automaticamente e ineluttabilmente la riapertura del fallimento, essendo venuta meno la causa che ne aveva determinato la chiusura [nello specifico né i creditori, né il Pubblico Ministero avevano presentato apposita istanza di fallimento di talché, in mancanza di una possibile iniziativa ufficiosa in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti, il tribunale, tenuto conto di quanto denunciato dagli organi della procedura nelle relazioni depositate in atti, ha, nell'esercizio dei poteri allo stesso concessi ex art. 7, primo comma, n. 2 L.F., disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero ai fini dell'esercizio da parte di quello delle valutazioni di competenza]. (Pierluigi Ferrini - Riproduzione riservata).
http://crisieinsolvenza.ilcaso.it/sentenze/ultime/25811/crisieinsolvenza
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 30 settembre 2019, n. 24441 https://www.unijuris.it/node/5183; con riferimento alla terza massima: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 14 settembre 2016 n. 18090 https://www.unijuris.it/node/3032; con riferimento alla quarta massima: Cassazione civile, Sez. VI, 22 febbraio 2012 n. 2671 https://www.unijuris.it/node/1573 e Corte di Cassazione, Sez. I civ., 12 giugno 2020, n. 11344https://www.unijuris.it/node/5296].