Tribunale di Bergamo – Concordato preventivo misto: criterio per qualificarlo come “liquidatorio” o come “in continuità” al fine dell'applicazione della normativa corretta.

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Data di riferimento: 
14/07/2021

Tribunale di Bergamo, Sez. II civ., Fallimentare e delle Esec. Forzate, 14 luglio 2021 (data del provvedimento) – Pres. Est. Laura De Simone, Giudici Elena Gelato e Bruno Gian Pio Conca.

Proposta di concordato “misto” - Qualificazione come in continuità o come liquidatorio - Giudice - Accertamento da svolgersi preliminarmente - Disciplina da applicarsi - Deduzione conseguente.

Proposta di concordato “misto” - Qualificazione come in continuità o come liquidatorio - Ricorso al criterio della preminenza - Esclusione – Giudice – Ponderazione sotto ogni aspetto del piano – Necessità - Continuità irrisoria - Qualificazione del concordato come liquidatorio.

Con riferimento ad un piano di concordato che può definirsi “misto” in quanto prevede la cessione dei beni aziendali, la continuità indiretta mediante l’affitto di un ramo di azienda finalizzato alla sua successiva cessione e l’apporto di finanza esterna, l’accertamento preliminare a cui è chiamato il Tribunale si deve ritenere attenga alla qualificazione del concordato, posto che privilegiare la componente liquidatoria o di continuità del piano comporta l’applicazione della differente normativa prevista dall’art.186 bis L.F. rispetto alla previsione tout court del quarto comma dell’art.160 L.F., ai sensi della quale la proposta deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

L'adesione al postulato di cui al recente arresto della Suprema Corte, espresso con la pronuncia dell'ordinanza n.734 del 15 gennaio 2020, alla luce del quale la presenza di una componente qualsiasi di prosecuzione dell’attività d’impresa, ancorché minimale, assegna all’ipotesi concordataria lo “statuto” della continuità disciplinato dall'art 186 bis L.F., ragion per cui il tribunale nell’esaminare un piano concordatario “misto” non deve riscontrare cosa sia preminente, essendo solo chiamato a valutare se i beni sottratti alla liquidazione possano essere organizzati in funzione della continuazione, totale o parziale, della pregressa attività di impresa in vista del miglior soddisfacimento dei creditori, si deve ritenere non risulti percorribile laddove la componente della continuità risulti del tutto modesta, in quanto in tal caso non può escludersi la possibilità per il giudice di ponderare in ogni suo aspetto l’operazione di ristrutturazione concordataria del debito e di qualificare, sulla base del piano, quale dei due modelli (liquidatorio e in continuità) previsti dalla legge fallimentare prendere a riferimento [nello specifico, il tribunale ha ritenuto che la pronuncia della Cassazione non si potesse considera funzionale a “sdoganare”il concetto di continuità aziendale irrisoria e quindi ha escluso che il proponente non potesse strutturare come liquidatorio un concordato che prevedeva la cessione dell’azienda in esercizio per meno del 10%, in termini di controvalore monetario, rispetto alle ulteriori disponibilità derivanti dalla prospettata liquidazione di beni aziendali e dall'apporto di finanza esterna]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

https://dirittodellacrisi.it/articolo/trib-bergamo-14-luglio-2021-pres-est-de-simone

[cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 15 gennaio 2020, n. 734https://www.unijuris.it/node/5016]

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: