Tribunale di Vicenza – Non può essere ammessa al passivo una banca che abbia erogato dei mutui ad un soggetto, poi fallito, pur sapendo che versava in uno stato di insolvenza.
Tribunale di Vicenza, Sez. I civ. Procedure concorsuali, 19 maggio 2022 (data della pronuncia) – Pres. Paola Cazzola, Rel. Giovanni Genovese, Giud. Silvia Saltarelli.
Fallimento – Istituto bancario – Concessione di finanziamenti a soggetto poi fallito – Conoscenza all'epoca dello stato di insolvenza in cui versava – Ipotesi di aggravamento del dissesto – Inaccoglibilità dell'istanza di insinuazione al passivo proposta – Ragioni.
L'aggravamento del dissesto consistente nella concessione di finanziamenti a un imprenditore di cui sia noto o conoscibile da parte del soggetto finanziatore lo stato di insolvenza va considerato, a causa delle conseguenze economico-sociali che comporta, non solo giuridicamente proibito, in particolare in quanto configurante un’ipotesi di concorso in fatti di bancarotta semplice ex art. 217, comma 1, n. 4), L.F. penalmente rilevante, ma anche eticamente riprovevole, sicché l'applicazione a tale condotta, a favore non della contropartema della massa dei creditori, a fronte di una richiesta di restituzione da parte del solvens, della “soluti retentio”, costituisce espressione del principio costituzionale di cui all'art. 41, secondo comma, Cost., secondo cui la libera iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, e va considerata quale sanzione civile in danno di un soggetto che ha tenuto una condotta disdicevole e contraria alla buona fede, alla luce del comune sentire che non consente la permanenza artificiale nel mercato di soggetti decotti [nello specifico il Tribunale, con riferimento ad una istanza di insinuazione al passivo proposta da una Banca volta al recupero di quanto erogato al soggetto poi fallito a titolo di finanziamenti ha confermato, essendo acclarato che la concessione dei mutui aveva avuto luogo in una situazione di quel tipo, che, non solo quei finanziamenti dovevano essere considerati affetti da nullità ex art. 1418 c.c. per contrarietà a norme munite di presidio penale, ma altresì che dovevano considerarsi ex art. 2035 c.c. non ripetibili le prestazioni eseguite, in ragione dell'offesa al buon costume nella sua dimensione economico-sociale che le stesse rappresentavano]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/27542.pdf
[cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 05 agosto 2020, n. 16706https://www.unijuris.it/node/5294].