Corte di Cassazione (5685/2020) – Fallimento dell’appaltatore di opera pubblica: inapplicabilità dell’art. 118, comma 3 del D. Lgs. 163/2006 e pagamento del subappaltatore nel rispetto del principio della par condicio creditorum.

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Data di riferimento: 
02/03/2020

Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, 02 marzo 2020, n. 5685 – Pres. Giovanni Mammone, Rel. Antonio Pietro Lamorgese.

D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 3 -  Contratto di appalto in corso – Appaltatore – Mancata prova dell’avvenuto pagamento del subappaltatore – Pagamenti a favore dell’appaltatore da parte della stazione appaltante – Possibile sospensione – Ipotesi di dichiarazione di fallimento dell’appaltatore – Scioglimento del contratto di appalto – Diritto del curatore al pagamento delle spettanze dovute al fallito – Subappaltatore – Pagamento nel rispetto della par condicio creditorum – Non riconoscimento del beneficio della prededuzione.

In caso di fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, il meccanismo delineato dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 3 - che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell'appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest'ultimo al subappaltatore deve ritenersi riferito all'ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un'impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie; ne consegue che al curatore è dovuto dalla stazione appaltante il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all'intervenuto scioglimento del contratto e che il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale dell'appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della par condicio creditorum e dell'ordine delle cause di prelazione (Principio di diritto) [nello specifico la Corte ha ritenuto che il credito del subappaltatore non dovesse essere soddisfatto ex art. 111, secondo comma, L.F. in prededuzione, dal momento che tale modalità di pagamento non  costituiva presupposto perché il curatore potesse a sua volta, a seguito di ciò, ottenere che la stazione appaltante procedesse al pagamento di quanto spettante all’appaltatore fallito in ragione delle prestazioni eseguite in adempimento degli obblighi contrattuali fino allo scioglimento del contratto, come conseguente alla di lui dichiarazione di fallimento, e non rappresentando, pertanto, motivo perché i creditori ne potessero trarre un vantaggio in ragione dell’incremento dell’attivo fallimentare, dovuto al surplus verosimilmente ottenibile dal curatore rispetto a quanto già riconosciuto al subappaltatore]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)  

 http://www.fallimentiesocieta.it/sites/default/files/Cass.%20n.%205685.pdf

[cfr. in questa rivista: Corte di Cassazione, Sez. I civ., 21 dicembre 2018 n. 33350 https://www.unijuris.it/node/4629]

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]
Articoli di riferimento nella legge fallimentare
Vedi anche nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: