Corte di Cassazione (7547/2018) - Accertamento del passivo fallimentare: inammissibilità della sospensione per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. Interruzione automatica delle controversie relative a rapporti patrimoniali del fallito.

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Data di riferimento: 
27/03/2018

Corte di Cassazione, Sez. I civ., 27 marzo 2018 n. 7547 – Pres.  Antonio Didone, Rel.  Aldo Angelo Dolmetta.

Fallimento – Stato passivo – Creditore - Insinuazione ex art. 93 L.F. - Pretese avanzate  –  Fondatezza - Controversia in corso avanti a giudice extrafallimentare – Necessario pregiudiziale accertamento  - Creditore -  Istanza di sospensione della procedura di verifica fallimentare – Inammissibilità – Giudice fallimentare - Credito da considerarsi condizionale –   Possibile ammissione con riserva.

Fallimento – Processi in corso – Inapplicabilità degli artt. 299 c.p.c. e ss. - Interruzione automatica  - Parte non fallita - Necessaria riassunzione  - Esclusione.

Stante che la specialità ed esclusività del rito di accertamento del passivo disposta nella procedura fallimentare non contempla deroghe in punto di sospensione processuale, si deve ritenere che non può aver pregio la richiesta formulata da un creditore di sospendere ex art. 295 c.p.c. la procedura di verifica fallimentare sino al definitivo accertamento delle di lui pretese da parte del giudice extrafallimentare. Alla rilevata non conformità dell'istituto della sospensione ex art. 295 c.p.c. con la struttura del procedimento di verifica fallimentare non può, comunque, fare seguito un'automatica esclusione dallo stato passivo delle pretese avanzate nella domanda di insinuazione, in quanto la sussistente circostanza di un giudizio pendente al momento della dichiarazione di fallimento di una parte dello stesso non potrebbe mai rivoltarsi contro la parte che è rimasta in bonis. Pertanto, nelle ipotesi in cui venga chiesta l'ammissione al passivo di un credito il cui accertamento è devoluto alla giurisdizione di altro giudice, non viene meno il potere del giudice fallimentare di ammettere il credito con riserva, essendo gli organi fallimentari tenuti a considerare il credito come condizionale ed a sciogliere la riserva in relazione all'esito del processo dinanzi al giudice competente, sì da consentire al creditore la partecipazione al riparto mediante accantonamento. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

La norma della L. Fall., art. 43, comma 3, va interpretata nel senso che, intervenuto il fallimento, l'interruzione dei processi in corso aventi ad oggetto beni patrimoniali del fallito è sottratta all'ordinario regime dettato in materia dagli artt. 299 c.p.c. e ss., nel senso, cioè, che è automatica e deve essere dichiarata dal giudice non appena sia venuto a conoscenza dall'evento, ma non anche nel senso che la parte non fallita risulti per tale motivo tenuta ex art. 305 c.p.c., pena la sua estinzione, alla riassunzione del processo nei confronti del curatore indipendentemente dal fatto che l'interruzione sia stata, o meno, dichiarata. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)

[con riferimento alla prima massima cfr. in questa rivista: Cassazione civile, sez. VI, 01 Marzo 2017, n. 5255 https://www.unijuris.it/node/3448; con riferimento alla seconda: Cassazione civile, sez. VI, 01 Marzo 2017, n. 5288 https://www.unijuris.it/node/3451] .  

http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/20155

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