Corte di Cassazione (8980/2019) - Fallimento: gli effetti, alla luce della più recente normativa, della risoluzione del contratto di leasing finanziario per inadempimento dell'utilizzatore.
Corte di Cassazione, Sez. I civ., 29 marzo 2019, n. 8980 – Pres. Antonio Didone, Rel. Guido Federico.
Contratto di leasing finanziario – Inadempimento – Risoluzione anteriore al fallimento dell'utilizzatore e alla L. 124/2017 – Applicazione dell'art. 72 quater L.F. - Concedente – Diritto alla restituzione del bene – Vendita e allocazione – Necessaria insinuazione al passivo – Stima disposta dal giudice delegato – Diritto all'acquisizione totale o parziale – Conguaglio col credito residuo - Eventuale differenza a credito della curatela – Quantificazione – Possibili rettifiche in sede di riparto.
Gli effetti della risoluzione del contratto di leasing finanziario per inadempimento dell'utilizzatore, verificatasi in data anteriore alla data di entrata in vigore della legge 124/2017 (art. 1, commi 136-140), sono regolati dalla disciplina dell'art. 72 quater legge fall., applicabile anche al caso di risoluzione del contratto avvenuta prima della dichiarazione di fallimento dell'utilizzatore. In caso di fallimento dell'utilizzatore, il concedente avrà diritto alla restituzione del bene e dovrà insinuarsi al passivo fallimentare per poter vendere o allocare il bene e trattenere, in tutto o in parte l'importo incassato. La vendita avverrà a cura dello stesso concedente, previa stima del valore di mercato del bene disposta dal giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Sulla base del valore di mercato del bene, come stabilito sulla base della stima su menzionata, sarà determinato l'eventuale credito della curatela nei confronti del concedente o il credito, in moneta fallimentare, di quest'ultimo, corrispondente alla differenza tra il valore del bene ed il suo credito residuo, pari ai canoni scaduti e non pagati ante-fallimento ed ai canoni a scadere, in linea capitale, oltre al prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione. Eventuali rettifiche, sulla base di quanto effettivamente realizzato dalla vendita del bene, potranno farsi valere in sede di riparto. (Principio di diritto)
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/21513.pdf
NOTA A COMMENTO
Ad avviso della Corte la nuova disciplina di cui alla legge "per il mercato e la concorrenza" n. 124/2017, introducendo nel nostro ordinamento una definizione unitaria del contratto di leasing quale fattispecie negoziale autonoma, si è posta in linea di diretta continuità con la previsione dell'art. 72 quater L.F. che già prima, superando la distinzione di matrice giurisprudenziale tra leasing di godimento e leasing traslativo, aveva ricondotto ad unità l'istituto della locazione finanziaria, distinguendola dalla vendita con riserva della proprietà, come regolamentata dall'art. 73 L.F. mediante rinvio alla disciplina dell'art. 1526 c.c.
Da ciò è giunta alla conclusione, in conformità ad un indirizzo interpretativo che, seppur in precedenza dalla stessa disatteso, era stato affermato da larga parte della giurisprudenza di merito, che doveva ritenersi applicabile, in via analogica, anche alla fattispecie in esame, concernente un' ipotesi di risoluzione, ante fallimento, per inadempimento dell'utilizzatore di un contratto di leasing, ed anche in presenza di una diversa pattuizione intercorsa tra le parti, inderogabilmente la disciplina dettata dall'art. 72 quater L.F., seppure detta norma, faccia esclusivo riferimento all'ipotesi in cui lo scioglimento del contratto di leasing derivi da una scelta del curatore, dovendosi considerare tale decisione del tutto coerente con la fisionomia di tale tipo negoziale e, anche in ambito fallimentare, con la particolare disciplina della risoluzione relativa all'ipotesi di inadempimento come dettata dalla nuova normativa e dovendosi, pertanto, ritenere definitamente superato, in tale ipotesi, il ricorso, come nello specifico ritenuto inderogabile dalla Corte territoriale, in via analogica, alla disciplina recata dall'art. 1526 cod. civ., con la conseguenza che anche in quel caso il concedente debba insinuarsi al passivo fallimentare per poter allocare il bene e trattenere, in tutto o in parte, l'importo incassato.
Non si trattatava infatti, nonostante l'anteriorità della intervenuta risoluzione, di attribuire in tal modo carattere retroattivo (in assenza di norme di diritto transitorio) alla nuova disciplina portata dalla legge 124/2017, ma di fare concreta applicazione della c.d. interpretazione storico-evolutiva, secondo cui una determinata fattispecie negoziale, per quegli aspetti che non abbiano esaurito i loro effetti, in quanto non siano stati ancora accertati e definiti con statuizione passata in giudicato, non può che essere valutata sulla base dell'ordinamento vigente, atteso che il giudizio di legittimità non ha ad oggetto l'operato del giudice, ma la perdurante conformità della decisione adottata all'ordinamento giuridico.
A conforto della sua decisione la Corte ha precisato che anche il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, (D.Lgs, n.14 del 12 gennaio 2019) all'art. 177 ha dettato una disciplina della locazione finanziaria pienamente coerente con la disciplina dell'art. 72 quater legge fall. e della legge 124/2017, prevedendo che nella liquidazione giudiziale del patrimonio dell'utilizzatore, in caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela fallimentare l'eventuale maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene a valori di mercato, dedotta una somma pari all'ammontare di eventuali canoni scaduti e non pagati fino alla data dello scioglimento e dei canoni a scadere, solo (in coerenza con la disciplina ex art. 55 L.F.) in linea capitale, oltre al prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione finale di acquisto e che la medesima disposizione, al comma 2, ha previsto che il concedente ha diritto di insinuarsi allo stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data di apertura della liquidazione giudiziale e quanto ricavabile dalla nuova allocazione del bene secondo (in conformità di quanto desumibile dall'attuale sistema della legge fallimentare) la stima disposta dal giudice delegato. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)